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Referendum Bologna diventa caso nazionale

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Il referendum sul finanziamento alla scuola privata in programma Bologna per il prossimo 26 maggio è ormai diventato un caso nazionale e potrebbe trasformarsi persino per il problema serio problema politico che dovrà affrontare il nuovo Ministro dell’Istruzione. 
Proprio nella giornata del 5 maggio è intervenuto sulla questione addirittura il candidato presidente Stefano Rodotà con un articolo pubblicato dal Manifesto. 
Nel ricordare che oggetto specifico del referendum è l’utilizzo di risorse pubbliche a beneficio di scuole private Rodotà afferma: “Per giustificare questa scelta, a Bologna, e non solo, si adoperano argomenti di opportunità e ritornano le contorsioni giuridiche alle quali da anni si ricorre per aggirare l’articolo 33 della Costituzione”. 
“Ma questo – sottolinea il giurista –  è un punto non negoziabile, per almeno due ragioni. La prima riguarda la necessità di rispettare la chiarissima lettera della norma costituzionale che parla di una scuola privata istituita «senza oneri per lo Stato»”. 
“Ma bisogna anche ricordare – aggiunge Rodotà –  che è sempre la Costituzione a prevedere che lo Stato debba istituire «scuole statali per tutti gli ordini e gradi». In tempi di crisi, questa norma dovrebbe almeno imporre che le scarse risorse disponibili siano in maniera assolutamente prioritaria destinate alla scuola pubblica in modo di garantirne la massima funzionalità possibile”.
E, ribattendo a chi, come il cardinale Bagnasco, sostiene che di fatto quel finanziamento permette allo Stato di risparmiare, Rodotà chiarisce che “non siamo di fronte a una questione contabile”. 
In sostanza, secondo il giurista, “si tratta della qualità dell’azione pubblica, del modo in cui lo Stato adempie ai suoi doveri nei confronti dei cittadini”. 
“I cittadini bolognesi – conclude – hanno oggi la possibilità di far valere un principio, al di là delle convenienze”. 
In realtà il dibattito sulla legittimità dei contributi statali a sostegno del sistema paritario dura da più di 10 anni e precisamente da quando, nel 2010, venne approvata le legge 62 che inseriva le scuole paritarie nel sistema pubblico e garantiva ad esse uno specifico finanziamento. Su tale legge la Corte Costituzionale si è pronunciata due volte: una prima volta nel 2002 quando non ammise il referendum abrogativo proposto dal Comitato che si era appositamente costituito; l’anno successivo, esaminando un ricorso della Regione Lombardia, la Consulta ribadì la legittimità costituzionale di numerosi articoli della legge e in particolare di quelli che prevedono il finanziamento pubblico alle scuole paritarie.