Siamo ormai alle battute finali della campagna elettorale per il referendum costituzionale.
La nostra testata proprio, volendo fornire ai propri lettori, una ulteriore occasione di approfondimento ha sottoposto 4 domande a due parlamentari, Silvia Chimienti (M5S) e Umberto D’Ottavio (PD) che hanno seguito costantemente tutti i passaggi della approvazione della legge 107 e che quindi ben conoscono anche i problemi specifici della scuola
In questi ultimi mesi nel mondo della scuola si è passati dal “NO” alla legge 107 al NO alla riforma costituzionale. Perché si è creata questa radicalizzazione?
D’Ottavio
Questo è il terzo referendum costituzionale in quindici anni, ma il primo nel quale chi ha proposto la riforma è al governo, per questo il corto circuito era inevitabile. Chi è contro il governo approfitta del voto per segnare il suo dissenso, peccato che domenica 4 dicembre non si vota sul governo, ma si vota per affermare scelte costituzionale sulle quali da tempo, molto tempo, c’è una attesa. Infine tutta questa radicalizzazione io non l’ho vista! Ho partecipato ad alcune assemblee di studenti che avevano lo scopo di capire di più il contenuto della riforma, al di là degli slogan e dei pregiudizi. Superare il bicameralismo paritario, ridurre i parlamentari, dare nuovi strumenti di partecipazione ai cittadini, regolare meglio i rapporti stato regioni sono necessità condivise.
Chimienti
Il mondo della scuola, più di altri, ha vissuto sulla propria pelle le conseguenze della riforma della scuola e quindi ha compreso perfettamente che dietro alla riforma della Costituzione si cela lo stesso identico impianto ideologico della legge 107 e, potremmo dire, di tutte le altre riforme renziane. L’accentramento dei poteri nelle mani del dirigente scolastico corrisponde all’accentramento nelle mani del Governo, a discapito degli organi collegiali nella scuola e del Parlamento nello Stato. A rimetterci sono sempre la democrazia, il dialogo, il confronto, in nome di un finto decisionismo e di una finta rapidità: in realtà, ciò che sta a cuore a Renzi è che siano sempre meno persone a prendere le decisioni perché così funziona nel mondo delle aziende, soprattutto in quelle poco virtuose in cui le stelle polari sono la produttività ad ogni costo e la massimizzazione del profitto. Peccato che la scuola e le nostre istituzioni non siano delle aziende e andrebbero gestite ispirandosi a ben altri modelli.
Parliamo di un punto in particolare della legge di riforma costituzionale: nell’articolo 117 si parla ancora di autonomia delle istituzioni scolastiche, ma viene eliminata la legislazione concorrente fra Stato e Regioni; è un fatto positivo ?
D’Ottavio
Si è fatto un bilancio dell’attuazione a quindici anni della riforma del titolo V° del 2001 e si apportano dei correttivi. Ricordo che nel 2001 si paventava il rischi di 21 sistemi scolastici diversi e che sarebbero aumentate le differenze. La riforma modifica in parte le competenze dello Stato e quelle delle Regioni, eliminando giustamente la legislazione concorrente che non pochi problemi di competenza ha creato. La vicenda autonomia delle istituzioni scolastiche non viene toccata. Trovo che sia un fatto positivo e che bisogna fare di più, attuando la 107 per realizzarla. Vorrei ricordare che l’autonomia non è sui fini, che sono gli stessi in tutta Italia, ma sui mezzi e i metodi per raggiungerli.
Chimienti
Dopo 15 anni di giurisprudenza sulle competenze concorrenti tra Stato e Regioni, quando finalmente si era giunti a dirimere i conflitti generati dalla riforma del titolo V, arriva un Governo non eletto e non votato dai cittadini e accentra nuovamente tutte le competenze nelle mani dello Stato. Non è un fatto positivo. Non lo è perché lo Stato già oggi dovrebbe garantire i livelli essenziali di prestazione in tutte le regioni d’Italia e avrebbe tutti gli strumenti per farlo. C’è un articolo specifico della Costituzione che tutela i livelli minimi dei servizi essenziali sul territorio nazionale. Accentrando nuovamente tutte le competenze assisteremo solo ad un totale asservimento dei territori allo Stato centrale, mentre dall’altro lato si vorrebbe andare in direzione federale con il Senato delle Autonomie. Insomma: non è chiara neppure la direzione che questo Governo ha voluto intraprendere! Di certo per la sanità, per la scuola e per tutti i servizi ai cittadini non cambierà nulla, non ci saranno miglioramenti. Ma, al contrario, il Governo centrale potrà decidere in ogni momento se e dove costruire un inceneritore, un gasdotto, una trivella senza che la Regione possa più intervenire: si chiama clausola di supremazia e si applicherà ogni volta che il Governo individuerà un’opera “strategica” per l’Italia come il TAV, il ponte sullo stretto, le grandi infrastrutture e le grandi opere legate alla produzione e al trasporto di energia. Questo è gravissimo.
Quali ricadute sul mondo della scuola potrà avere l’esito del referendum?
D’Ottavio
Anche il mondo della scuola, come il resto della società italiana, ha bisogno di istituzioni più efficaci ed efficienti, altrimenti la democrazia rimane una parola vuota se non serve anche a rispondere ai bisogno dei cittadini. Noi abbiamo bisogno di meno leggi, più chiare e soprattutto di interlocutori responsabili. L’instabilità politica e istituzioni deboli non consentono di fare i pensieri lunghi di cui la scuola ha bisogno. Decidere sull’emergenza,come abbiamo visto, crea più problemi di quanti ne risolve e la scuola è una macchina complessa. Lo scopo della riforma è quello di avere istituzioni più forti e una democrazia più efficace. La scuola avrà tutto da guadagnarne
Chimienti
Le ricadute in caso di vittoria del NO saranno molto positive: sarà stato in gran parte merito della scuola e ci sarà a quel punto un alto potere contrattuale per chiedere la modifica della legge 107 a partire, ad esempio, dall’abolizione della chiamata diretta. In caso di vittoria del SÌ, invece, si vanificheranno gli sforzi del 5 maggio 2015 scorso quando un milione di persone scioperarono e scesero in piazza contro la Buona Scuola: ritengo che sarebbe molto grave accettare la riforma della Costituzione dopo aver toccato con mano gli effetti della sciagurata riforma della scuola.
Ma perché il mondo della scuola dovrebbe votare si’ (oppure no, a a seconda dei punti di vista)?
D’Ottavio
Il 4 dicembre non vota la scuola, ma i cittadini italiani che la frequentano o che vi lavorano. Gli studenti diciottenni dovrebbero votare sì perchè il loro voto politico oggi vale la metà, gli insegnanti, il personale tecnico e amministrativo, i dirigenti dovrebbero votare sì per avere una democrazia in Italia che funzioni, che non fa aspettare anni i cittadini per avere riconosciuti i loro diritti (la legge sullo ius soli la Camera dei deputati l’ha approvata un anno fa, ora giace al Senato) e per fare quello che avevano previsto i nostri Costituenti con l’articolo 138. Infatti la riforma non cambia nulla della prima parte della Costituzione, quella sui principi, cambia la seconda parte per attuare meglio la prima!
Chimienti
La scuola dovrebbe votare NO perché è il baluardo della Costituzione, è uno degli organi costituzionali a cui spetta in grande compito di ricordare il passato e difendere il futuro. I docenti e gli studenti sono il cuore pulsante del Paese, sono la nostra unica speranza perché sono coloro che non si fermano alla forma ma studiano e arrivano alla sostanza. È difficile ingannare il mondo della scuola anche promettendo bonus e mancette: Renzi si è ritrovato un milione di persone in piazza dopo aver promesso i 500€ ai docenti e i 500€ ai diciottenni. E allora la Scuola deve approfondire la riforma di Renzi, andare oltre la facile propaganda e la retorica del SÌ e comprendere le difficili ma sacrosante ragioni del NO: il quesito è ingannevole, non si tagliano sprechi e privilegi ma si getta ancor più il Parse nel caos. Non è ciò che serve all’Italia in questo momento. Oltretutto, il mondo della scuola sa che la Costituzione è la carta fondamentale e che non può essere cambiata con un colpo di mano, con forzature regolamentari e abusi di ogni tipo come avvenuto in Parlamento in questa occasione (in cui alcuni deputati del PD sono stati rimossi d’imperio dalle commissioni perché non facessero opposizione): la Costituzione nasce dallo spirito antifascista e dalla Resistenza e nasce per non vedere mai più bocche tappate e opinioni ridotte al silenzio. Renzi ha incarnato tutto ciò che non avremmo mai più voluto vedere nel nostro Paese, ha umiliato il Parlamento, ha spaccato in due il Paese e dovrà assumersene la responsabilità.
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