Categorie: Politica scolastica

Referendum contro la riforma, la richiesta cresce ma occorre fare in fretta

Impugnare la riforma non in tribunale, ma attraverso il referendum. Lo avevano detto a caldo in molti. Ad iniziare dall’ex ministro Renato Brunetta. Poi seguito da diversi esponenti politici, anche in seno al Partito Democratico. Ora, a quarantottore di distanza dall’approvazione del testo definitivo alla Camera, lo ribadiscono in diversi. Come la Fiom, che lancia l’idea dall’assemblea nazionale di Bologna.

Per il sindacato di Maurizio Landini, occorre un apposito direttivo Cgil per, tra l’altro, “decidere come avviare un coerente percorso referendario abrogativo della recente legislazione in materia di lavoro e di contrattazione compreso l’articolo 8 e la difesa della scuola pubblica”.

Il direttivo della Confederazione dovrebbe essere anche il luogo dove “esplicitare l’opposizione al progetto di Confindustria, elaborare la strategia per riconquistare il contratto nazionale, mettere in campo le azioni necessarie per contrastare l’attuazione del jobs act, accelerare la proposta di un nuovo statuto dei diritti delle lavoratrici e dei lavoratori”.

Poco dopo, nella stessa giornata dell’11 luglio, torna sull’argomento Pippo Civati (della minoranza PD) sul suo blog: “Finalmente si discute di referendum, come auspico da tempo, per restituire sovranità ai cittadini, di fronte a scelte che non facevano parte del programma elettorale di alcuna forza politica e che invece da due anni stanno modificando il panorama legislativo del nostro paese”.

 

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“A me sembra che sia il momento di rompere gli indugi e di non traccheggiare più” scrive Civati che ricorda: “Da due mesi insisto: qualsiasi campagna referendaria è molto meglio che sia avviata ora e si provi a raccogliere le firme entro il 30 settembre, limite oltre al quale i referendum slitterebbero di un anno, quindi si celebrerebbero nel 2017 (con il rischio che nel 2017 si voti per le politiche, facendoli slittare ulteriormente, ovvero che le norme siano applicate, depotenziando il carattere politico dei referendum stessi)”.

I quesiti su cui chiamare i cittadini al voto sarebbero su “temi centrali della politica italiana, dal Jobs Act (licenziamenti collettivi e demansionamento), Sblocca Italia (trivelle e legge obiettivo), Italicum (“totale” e capolista bloccati con pluricandidature), attendendo l’esito della discussione parlamentare sulla Scuola, predisponendo un quesito sulla questione centrale dei presidi manager”.

 

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Alessandro Giuliani

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