Il referendum autunnale sulla riforma della Costituzione ha tutta l’impressione di diventare un vero crocevia per il Governo.
La centralità dell’esito referendario è stata più volte sottolineata dallo stesso premier Matteo Renzi, il quale ammesso pubblicamente in più occasioni che in caso di pronunciamento maggioritario negativo l’Esecutivo che guida avrebbe interrotto il suo percorso (anche se negli ultimi giorni abbiamo assistito ad una retromarcia, visto che si è ribadita la volontà di andare avanti comunque sino al 2018).
Anche il popolo della Scuola si sta dividendo sulla posizione da prendere sul tema. Con questo articolo, La Tecnica della Scuola inizia a proporre le diverse posizioni sul tema.
Iniziamo, con la posizione intransigente, tutta spostata sul “no”, della Usb Scuola.
Il sindacato di base sostiene, a livello generale, che l’approvazione del referendum “segnerebbe un passaggio chiave nella progressiva subordinazione dei diritti dei lavoratori al profitto privato; al contrario, la vittoria del “NO”, che arriverebbe dopo la sconfitta di Renzi alle amministrative e il voto inglese sulla Brexit, travolgerebbe gli equilibri di potere esistenti e aprirebbe spazi di iniziativa politica nei quali le soggettività organizzate dei lavoratori potrebbero inserirsi con forza”.
Nello specifico, per la scuola, l’Usb sostiene che “la torsione ‘esecutiva’ delle istituzioni voluta da Renzi e Boschi con lo smantellamento della Costituzione repubblicana risponde alla stessa logica della ‘Buona scuola’: adeguare la scuola a un modello verticistico, aziendalistico e piegato alle necessità delle imprese: chiamata diretta degli insegnanti da parte di dirigenti con potere discrezionale di decidere chi lavorerà, chi sarà premiato perché giudicato meritevole e chi no; lavoro non pagato imposto agli studenti sotto forma di alternanza scuola lavoro, sono tutti meccanismi che entrano in palese conflitto con l’eminente funzione di promozione sociale assegnata all’istruzione da parte della Costituzione del ‘48”.
L’organizzazione di base non ha dubbi: “Contro questi orientamenti è necessaria una presa di posizione ferma da parte del mondo del lavoro e in particolare del sindacalismo conflittuale. Appaiono inaccettabili le posizioni dei sindacati concertativi, con la Cisl schierata in favore del Sì al referendum e le ambiguità della Cgil, intrappolata nel collateralismo nei confronti del PD e incapace di schierarsi in modo chiaro per il No”.
Per l’Usb non vi sono dubbi: c’è un “nesso organico tra riforma costituzionale e attacco ai diritti del lavoro, con l’approvazione all’unanimità da parte del Coordinamento nazionale confederale del 6 febbraio di un documento nel quale si ribadisce l’impegno da parte del nostro sindacato a sostenere il No”.
Il sindacato, pertanto, “ribadisce il massimo impegno dell’organizzazione e dei suoi militanti per il NO al Referendum Costituzionale e invita i lavoratori della scuola alla più ampia partecipazione alle iniziative organizzate per la campagna referendaria. La battaglia contro la demolizione della Costituzione e dei diritti del lavoro oggi si può vincere: e la vittoria del No potrà significare l’inizio di un nuovo ciclo di lotte sociali”.
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