Il referendum lombardo-veneto, al di là delle posizioni e delle note polemiche, una cosa la sta riesumando.
Si chiama “principio di sussidiarietà”.
Correva l’anno 1931 e Pio XI…
E’ entrato nel dibattito pubblico nel 1931, grazie alla enciclica “Quadragesimo anno” di Pio XI, a quaranta anni esatti dalla “Rerum Novarum” di Leone XIII.
Dall’ambito religioso a quello politico-sociale il passo è stato breve.
Importante è l’anno, cioè il 1931, sapendo del grande successo allora in Occidente delle dittature nazi-fascista da un lato e comunista dall’altro, tutte di stampo centralistico e violento.
Il principio di sussidiarietà
Secondo il principio di sussidiarietà, né lo Stato né alcuna società più grande (compresa quindi anche l’Unione Europea) possono sostituirsi o sovrapporsi alla capacità di iniziativa, quindi alla diretta responsabilità, delle persone come anche dei corpi intermedi. Quindi il primato va alle persone e alle loro relazioni, e lo Stato non rappresenta se non quelle istituzioni che sono cornice, cerniera e sostanza della convivenza sociale, economica, religiosa, ecc.. Lo Stato, cioè, non è tutto, ma “servizio pubblico” ai fini del benessere dei cittadini, i quali sono in radice riconosciuti e valorizzati come soggetti attivi, liberi, capaci di assumersi delle responsabilità.
La domanda di autonomia, dunque, è altro modo, se correttamente intesa, per privilegiare il primato della società civile, non per riproporre, a livello locale, il centralismo statale: no, dunque, al centralismo regionale.
L’autonomia scolastica
L’autonomia scolastica, pensata negli anni novanta, aveva questo sfondo non-centralistico, oggi passato, purtroppo, di moda. Per l’evidente, invece, odierna deriva burocratica e centralistica.
Il collant, che le istituzioni devono sovrintendere e garantire, porta e produce la solidarietà, non dall’alto, ma dal basso. Ecco il senso e valore della democrazia, come primato della volontà popolare, non come mera delega ai poteri centrali, chiamati a legiferare su tutto, come è oggi.
La sussidiarietà, che le autonomie promuovono, produce, dunque, l’effettiva solidarietà, non il paternalismo centralistico attraverso i mille rigagnoli assistenzialistici e statalisti. L’assistenzialismo crea sudditi, non cittadini responsabili.
Sussidiarietà e solidarietà
La solidarietà, lo ricordo, è improntata al subsidium, a un intervento cioè non sostitutivo di quanto le persone, le famiglie e i corpi intermedi (enti locali, associazioni di categoria, ambiti sociali) possono realizzare da soli, ma sussidiario, vale a dire di supporto, sostegno, integrazione e promozione.
Per questi motivi la solidarietà che nasce dal basso è flessibile, non è burocratica, perché punta a valorizzare le relazioni tra persone, le quali non solo numeri o cose.
Senza sussidiarietà, lo ripeto, la società diventa una mera emanazione burocratica del potere centrale, cioè non cittadini, ma sudditi. Con la sussidiarietà, ognuno è chiamato a rispondere in prima persona, senza nascondersi dietro a maschere o a burocratismi, della sua diretta responsabilità.
E’ il migliore antidoto contro qualsiasi forma di accentramento, di burocratizzazione, di assistenzialismo, di presenza ingiustificata ed eccessiva dello Stato-padrone.
Ecco cosa significa primato della persona, con la conseguente tutela del diritto primario della famiglia, prima cellula sociale, come delle varie forme: di iniziativa economica, di pluralismo, di tutela delle minoranze.
L’autonomia, dunque, come riorganizzazione istituzionale di contro a qualsiasi moloch burocratico, nazionale, europeo, globale. Il modo migliore per rendere evidente la bontà dell’etica della responsabilità personale.
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