“Ma a scuola mi rendo che è moto più difficoltoso”, vista la natura stessa del lavoro che svolgono i docenti. E certamente la valutazione dei singoli insegnanti, ha continuato il sottosegretario, non potrà essere affidata a una sola persona, e in questo caso al preside, benchè tutti sappiamo che, come in qualunque luogo di lavoro, c’è chi dà moltissimo e chi poco; e a chi dà moltissimo occorre riconoscere quel moltissimo e non metterlo alla stessa stregua di chi invece dà poco o nulla.
Contestualmente tuttavia è anche importante valutare la scuola, metterla cioè in rapporto col territorio e con i suoi vantaggi o svantaggi, con le condizioni familiari degli alunni e di lavoro. È chiaro che una scuola di periferia, delle frontiere estreme delle città, non potrà subire parametri valutativi simili a quelle di quartieri “alti” del centro città, frequentata dai ceti medio-alti.
Che in effetti anche la gran parte dei docenti sentano fortemente il bisogno di avere riconosciuti i propri sforzi e il proprio impegno, deriva da un sondaggio svolto anni addietro. Non è per certi versi più sopportabile, hanno all’epoca gridato tanti professori, che nelle scuole ci siano docenti che si impegnano con grandi sacrifici e dedizione, mentre altri, che magari bivaccano e fanno spallucce di fronte ai ragazzi, alla fine abbiano uguale stipendio.
Anche questa purtroppo è una contraddizione della nostra scuola dove c’è personale che si auto aggiorna costantemente (mancando l’aggiornamento obbligatorio) e c’è chi invece non compra nemmeno un libro e non solo di didattica.
Reggi ha proprio spiegato a Terrasini, ma lo ha anche sottolineato la deputata Pd Simona Malpezzi nel corso di un seminario sul reclutamento e la formazione dei docenti, che bisogna superare questo vulnus, mentre la proposta del Pd, tutta da discutere ancora e da valutare bene, non si deve vedere in funzione punitiva, ma al contrario in senso premiale, di stima e di valorizzazione della funzione insegnante.
Ma Reggi ha detto pure qualcosa in più: bisogna superare gli organi collegiali così come sono stati pensati nel 1974, precisando: non bisogna avere paura dei cambiamenti.
In pratica l’idea, sempre tuttavia in fieri e sempre ancora da definire e da vagliare, come da tutti i dirigenti Pd presenti a Terrasini è stato costantemente sottolineato, sarebbe quella di coinvolgere, all’interno dei nuovi organi collegiali, il territorio, compresi quindi gli Enti locali come le municipalità, i sindaci, le imprese e così via. Ma ha pure ventilato la possibilità che nelle scuole e quindi all’interno degli organi collegiali, ci sia una sorta di “team di esperti” anche per coordinare per esempio da un lato il Collegio dei docenti e dall’altro il Consiglio di istituto che attualmente hanno funzioni separate. Che senso ha oggi tale separazione? Dice Roberto Reggi.
“L’intenzione nostra, di questo Governo, che si è caratterizzato per la sua volontà riformatrice, è quella di fare ordine nell’organizzazione generale della scuola”.
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