Si tratterebbe di un dossier, già pronto ma da valutare dopo consultazioni, sul futuro dell’istruzione italiana e che a conclusione dovrebbe andare al vaglio del premier Renzi prima di essere ufficialmente presentato il 15 luglio.
“Dieci giorni ancora e la nostra proposta diventerà una legge delega”, mentre spiega Roberto Reggi, il nostro obiettivo è quello di “non fare più” della scuola italiana un “ammortizzatore sociale”. E parlando di “ammortizzatore” riesuma una espressione cara all’ex ministra dell’istruzione, Mariastella Gelmini, che la usò per far passare i suoi tagli di materie e di ore di insegnamento, nella sua riforma “epocale”, giustificando la mancata assunzione dei precari che nella scuola cercavano appunto quell’ammortizzatore sociale, impossibile ormai da garantire.
Ma Reggi ha pure avanzato un’altra proposta: scatti d’anzianità invariati e premi stipendiali fino al 30 per cento per i docenti impegnati in ruoli organizzativi (vicepresidi, docenti senior) o attività specializzate (lingue e informatica).
Tuttavia ancora una volta Reggi si rifà, per un verso alla vecchia preposta dello stato giuridico dei professori pensato da Valentina Aprea nella sua proposta di legge che poi, Profumo ministro, venne definitivamente accantonata, e all’altra, sempre con Profumo ministro, relativa all’aumento di ore agli insegnanti. Che significa infatti docenti senior? Non è questa una figura prevista appunto nella legge Aprea? E in più: il vicepreside non è forse scelto dal dirigente? E allora cosa c’entra l’aumento stipendiale, quello che lui chiama “premio”, legato al maggiore impegno? In pratica, Reggi vorrebbe più ore a scuole per un periodo più lungo.
“Ci siamo incontrati coi sindacati e dopo il 15 luglio torneremo a farlo: sanno che vogliamo togliere rigidità al contratto. Ma la consultazione sarà aperta agli insegnanti, agli studenti, al personale amministrativo, ai cittadini comuni. La scuola va cambiata, svecchiata. Abbiamo davanti un’occasione storica: tra il 2017 e il 2022 il 40% del corpo docente andrà in pensione”. È ancora Reggi che parla su Repubblica: “Gli insegnanti italiani non aumenteranno, non ci sono i soldi e ce ne saranno pochi anche in futuro. La scuola italiana costa 55 miliardi l’anno, bisogna usare meglio quello che c’è”.
Ed eccolo il punto qualificante: poche risorse da distribuire meglio e quel meglio cade sempre sul groppone dei lavoratori, così come con le aziende in crisi che invece di investire, licenziano .
Razionalizzare i soldi dunque a disposizione “con la formazione permanente obbligatoria degli insegnanti, che oggi è facoltativa.”
In pratica per il sottosegretario all’istruzione “le scuole devono diventare il centro civico delle città, a giugno e a luglio i genitori non sanno dove mandare i loro figli. Scuole aperte 11 mesi su 12”.
E per fare questo occorre incentivare i docenti perché, spiega Reggi “con gli incentivi arriveremo a stipendi europei”, che è pure un modo per adeguarsi all’Europa. Uguale adeguamento significa pure togliere un anno ai licei:
”È un’altra scelta europea. E poi se vuoi fare più musica, più storia dell’arte e non hai più soldi devi rimodulare quello che hai.”
E siamo sempre al punto di partenza, iniziale: i soldi.
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