Doveva essere una formalità. Si è trasformato in un brusco stop, voluto dal Movimento 5 Stelle. Dopo le incertezze della vigilia, alla fine il Consiglio dei ministri, svolto nel giorno di San Valentino, ha affrontato i testi sulle proposte che aprono all’autonomia differenziata di Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna per far attribuire a queste regioni più autonomia su diverse competenze, tra cui quella scolastica. Ma l’atteso via libera non è arrivato.
L’aria che tirava si è capita già dal fatto che nell’ordine del giorno predisposto dalla presidenza del CdM c’era scritto “Comunicazione in merito ai procedimenti in corso ai sensi dell’articolo 116, terzo comma, della Costituzione”. Nessun riferimento veniva fatto ad eventuali votazioni e approvazioni.
Il ripensamento è nelle parole del senatore campano Vincenzo Presutto, vice presidente della Bicamerale per il federalismo fiscale. Il quale ha parlato di una “procedura proposta dalla Lega incostituzionale”.
Quindi, ha aggiunto, i ricorsi alla Corte Costituzionale “sarebbero scontati: perché non si può imporre al Parlamento una semplice ratifica di un’intesa che limita i poteri delle Camere”.
La decisione che scaturirà, del resto, è decisamente importante: il testo dell’intesa da proporre alle Camere, per una verifica d’obbligo non sarebbe stato modificabile. Per questo motivo Erika Stefani, la ministra degli Affari Regionali, ha assicurato che il Parlamento verrà comunque “coinvolto” prima della sigla delle tre intese.
Mentre il governatore dell’Emilia Romagna, Stefano Bonaccini, ha parlato di “un passo avanti, ma non certo quello conclusivo, per un’intesa che va ancora trovata”.
Sembra che ad esprimere più di qualche dubbio sui testi presentati in “pompa magna” dai ministri del Carroccio, fosse stato pure il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, che avrebbe chiesto più di un chiarimento.
Conte, del resto, ha fatto propri i dubbi degli stessi parlamentari dei gruppi di Camera e Senato del M5S che, a ridosso del CdM, hanno detto in un dossier di temere che i cittadini del Sud possano diventare “di serie B”, chiedendo ” se prima delle Intese non si definiscono i Livelli essenziali delle prestazioni (Lep) da assicurare ai cittadini di tutte le regioni”.
Su questo punto, il ministro dell’Interno Matteo Salvini ha tentato di rassicurarli. Senza però convincerli: “chi lo teme non ha letto il testo”, ha detto il vicepremier.
Poi, sorridendo, Salvini ha fatto una battuta polemica con gli alleati: “ultimamente i dossier li vedo sempre in ritardo” ha detto riferendosi anche al dossier sulla Tav.
Salvini ha anche annunciato che sull’Autonomia richiesta allo Stato dalle tre regioni “la prossima settimana ci sarà un vertice politico”.
Ma perché occorre un vertice politico? La risposta sta nelle dichiarazioni pre-incontro dei “professori” del M5S: la senatrice Bianca Laura Granato, che ha dichiarato alla Tecnica della Scuola che “se manca la determinazione dei LEP, sulla regionalizzazione non si apre neanche la discussione”; l’onorevole Lucia Azzolina, che ha rimarcato come “una volta assunti in Veneto i docenti non potrebbero cambiare regione”; l’onorevole Luigi Gallo, presidente della Commissione Cultura della Camera, secondo il quale “tutta questa fretta e riservatezza nel definire una trasformazione epocale del nostro Paese non ha alcun senso. Il dibattito sull’autonomia differenziata va reso pubblico e va parlamentarizzato”.
Insomma, la linea del M5S appare chiara: prendere tempo. Almeno sino alle elezioni europee. Poi, si vedrà.
Apparentemente positivi, hanno cercato di presentarsi i leghisti. Abbiamo chiuso “la fase tecnica”, ha detto Luca Zaia, presidente del Veneto. È stata “una fase laboriosa, assolutamente impegnativa che ha visto le delegazioni confrontarsi su tutto. Adesso c’è un testo; contiene ancora alcune criticità”.
Zaia ha detto che sono state accolte il 70% delle richieste, ma che resta da trovare l’intesa su temi importanti come “le autostrade, le concessioni in generale, la cultura e l’ambiente e la sanità”. La scuola non è citata, ma fa di sicuro parte del raggruppamento delle criticità da superate.
“Adesso – ha continuato Zaia – bisogna essere pronti per l’ultimo miglio. Eravamo partiti da un foglio bianco e oggi c’è un provvedimento che assolutamente espone molta innovazione”.
“Il vero spartiacque adesso è tra la modernità o l’essere conservatori, tra la visione di un paese federale moderno e innovativo o di un paese che continua a pensare al centralismo e all’assistenzialismo”, ha concluso il leghista.
Intanto, i “grillini” si ritrovano, quasi loro malgrado, alleati con Leu, più una parte del Pd e di Forza Italia: Roberto Speranza e Nicola Zingaretti, governatore del Lazio. Anche Mara Carfagna dice no all’approvazione.
Per completezza, però, va detto che i Dem hanno al loro interno i favorevoli, come i governatori Bonaccini e Chiamparino, e i contrari come i governatori del Sud, a partire da Vincenzo De Luca.
Anche FI è spaccata. Mentre Silvio Berlusconi ha spiegato di essere favorevole “ad una maggiore autonomia ma teniamo in grande considerazione le ragioni del Sud”, Giovanni Toti si è detto favorevole al progetto, mentre i parlamentari del Sud hanno espresso un secco “no”.
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