La sortita di Salvini sul possibile avvio del processo di regionalizzazione del sistema scolastico sta facendo discutere i nostri lettori.
Tutto parte dalla richiesta della Regione Veneto di ottenere ampia autonomia sulle materie che riguardano la scuola: il ministro dell’Interno Matteo Salvini ha già fatto sapere che non appena la proposta arriverà al Governo, il Consiglio dei Ministri la approverà senza troppe discussioni.
In particolare, il Veneto chiede che vengano attribuite alla Regione le competenze legislative e amministrative dirette a: a) consentire l’ottimale governo, la programmazione, inclusa la programmazione dell’offerta formativa e della rete scolastica – compresi l’orientamento scolastico, la disciplina dei percorsi di alternanza scuola-lavoro – la programmazione dell’offerta formativa presso i Centri Provinciali Istruzione Adulti e la valutazione del sistema educativo regionale, in coerenza con gli elementi di unitarietà del sistema scolastico nazionale e nel rispetto dell’autonomia delle istituzioni scolastiche; b) disciplinare l’assegnazione di contributi alle istituzioni scolastiche paritarie con le correlate funzioni amministrative; c) regionalizzare i fondi statali per il sostegno del diritto allo studio e del diritto allo studio universitario; d) regionalizzare il personale della scuola, compreso il personale dell’Ufficio scolastico regionale e delle sue articolazioni a livello provinciale.
In rete la discussione è molto accesa e i commenti sono per lo più negativi: l’idea che molte competenze in campo scolastico passino alle regioni non piace e a poco valgono le timide osservazioni di coloro che fanno presente che già ora ci sono regioni e province autonome che godono di ampi margini di “flessibilità” senza che questo comporti particolari difficoltà.
C’è anche chi parla di incostituzionalità della proposta, ma forse senza sapere che, dopo la riforma del 2001, la “devoluzione” delle competenze in campo scolastico è espressamente prevista dall’articolo 117 della Costituzione.
E forse non tutti sanno che già dopo il 2003 la Conferenza Stato-Regioni aveva iniziato a lavorare per predisporre il passaggio di molte competenze dallo Stato alle Regioni.
Nel dicembre del 2006 venne persino approvato un master plan molto dettagliato che prevedeva tra l’altro che la gestione del personale della scuola dovesse passare alle regioni stesse.
Già negli anni precedenti, peraltro, alcune regioni avevano iniziato a legiferare nel tentativo di applicare le norme della legge costituzionale del 2001 che avevamo radicalmente modificato l’articolo 117 della Costituzione.
Emblematico, per esempio, un articolo della legge della Regione Toscana in materia di istruzione del 2002; si tratta dell’articolo 6 quater inserito nella legge con una modifica del 2005: “Al fine dell’attuazione della programmazione della rete scolastica, fino al completo trasferimento dallo Stato alla Regione delle risorse umane e finanziarie attinenti al settore dell’istruzione, la Giunta regionale promuove intese con il Ministero dell’istruzione, università e ricerca per definire….”.
Segno evidente che più di un decennio addietro il tema della gestione del personale era ben presente nella agenda politica.
Basta leggere il testo del Master Plan del 2006 per averne conferma
Per la verità la riforma costituzionale approvata dal Parlamento durante il Governo Renzi prevedeva una limitazione delle competenze regionali in materia di istruzione con un ritorno alla competenza diretta dello Stato.
Ma, come è noto, la riforma venne bloccata con il referendum confermativo del dicembre 2016.
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