Superato lo scoglio della legge di bilancio, la maggioranza di Governo dovrà affrontare a partire dai prossimi giorni un altro tema scottante per il mondo della scuola, quello della regionalizzazione.
Sulla manovra finanziaria il confronto fra Lega e M5S si è concluso tutto sommato in parità: i pentastellati sono riusciti a “portare a casa” qualche risultato che consente loro di dire che si sta lavorando per smantellare la “Buona Scuola” (cancellazione di chiamata diretta e di ambiti territoriali, consistente riduzione della ASL, una prima – seppur timidissima – estensione del tempo pieno), mentre la Lega ha mantenuto il punto sugli stanziamenti alle scuole paritarie senza peraltro cedere sull’allargamento dei cordoni della borsa per scuola e università.
Ma fra qualche settimana i nodi potrebbero arrivare al pettine e creare qualche problema serio sia alla maggioranza sia al M5S e ai suoi rapporti con il mondo della scuola.
A dire chiaro e tondo che la questione della regionalizzazione è assolutamente centrale sono stati praticamente tutti i “pezzi da 90” della Lega, da Salvini a Zaia, da Giorgetti a Maroni. Quest’ultimo, senza tanti giri di parole, ha detto chiaro e tondo che se entro la metà di febbraio non si dà avvio ai provvedimenti necessari per la concessione della autonomia differenziata alle regioni che l’hanno richiesta il Governo potrebbe anche saltare.
Per parte sua Luigi Di Maio sta rassicurando la Lega, mentre dentro il M5S si sta iniziando a delineare un cambio di posizione sul argomento: fino a due mesi fa la parola d’ordine di numerosi parlamentari del M5S era “la regionalizzazione non è nel contratto”, poi si è passati al “è nel contratto ma non riguarda la scuola”, fino ad arrivare, come ha dichiarato alla nostra testata Bianca Granato, al “se ne può parlare ma a saldi invariati”, cioè senza rivedere l’entità dei trasferimenti dallo Stato alle Regioni.
Ma è del tutto evidente che questa posizione si rivelerà ben presto insostenibile perchè non è possibile che lo Stato trasferisca alle Regioni nuove funzioni senza aumentare le risorse necessarie per la gestione delle stesse.
Per il momento i sindacati hanno già fatto sapere di essere contrari a qualunque forma di trasferimento delle funzioni in materia di istruzione senza però annunciare azioni di protesta, ma c’è da credere che, non appena la questione si farà più concreta ed entrerà nella fase operativa, non saranno certamente disposti a stare a guardare.
E, quel punto, il clima nelle scuole potrebbe arroventarsi e il credito di cui il M5S ha goduto finora fra i docenti sarebbe destinato a ridimensionarsi.
Senza considerare che il tema del rientro a casa delle migliaia di docenti del sud assunti nella scuole del nord rimane per il momento nell’ombra ma potrebbe esplodere in modo incontrollabile quando si apriranno le operazioni della mobilità.
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