“La secessione dei ricchi, interna alla regionalizzazione, è peggio della Buona Scuola. Perché dentro ci sono le differenziazioni degli studenti e l’introduzione delle gabbie salariali: è una filosofia che si allargherà presto alla Sanità, con il medico veneto che chiederà uno stipendio maggiore di un collega calabrese. Tutto questo perché c’è l’avidità dei ‘ricchi’, che con la loro voglia di secessione riusciranno trattenere il 90% del gettito fiscale andando così a differenziare pure gli stipendi”. È durissimo il commento di Stefano d’Errico, segretario nazionale Unicobas, sul progetto di regionalizzazione leghista: lo ha ribadito il 19 febbraio nel corso del convegno “Pedagogia libertaria vs mala-scuola”, svolto nel liceo Mamiani di Roma.
Secondo d’Errico, che ha ribadito i concetti in un’intervista alla Tecnica della Scuola, “con questo sistema dell’autonomia differenziata” certe regioni “riusciranno ad aumentare gli stipendi. Mentre gli altri continueranno a prendere gli stipendi più bassi dell’Unione Europea”. Ma i compensi europei non erano per tutti?
“Non solo: le scuole del Sud, ma anche la Liguria, non avranno più i soldi per mantenere le scuole pubbliche. E questo avviene – ha sottolineato il sindacalista – mentre il 90% degli istituti scolastici sono fuori norma”.
Invece di affrontare i problemi veri, “noi torniamo alla Legge Coppino del 1877: le scuole non potevano istituirle i Comuni, così il liberale Coppino destituisce lo Stato. Oggi torniamo lì, perché alla scuola ci penseranno le Regioni.”
Il riferimento di d’Errico è al fatto che con la legge voluta più di cento anni fa, dall’allora ministro Michele Coppino, fu introdotto l’obbligo scolastico di tre anni: solo che le spese per il mantenimento delle scuole rimasero a carico dei singoli comuni, che però in larga parte non erano in grado di condurle.
“Mi rivolgo a chi ha votato il M5S: l’autonomia regionale non fa parte del loro programma. Ma il Governo del Cambiamento come può realizzare una cosa del genere? Come fa a piegarsi ai contratti regionali voluti dalla regione Veneto?”.
Di positivo, ha continuato, c’è che “dopo la nostra proclamazione dello sciopero, molti politici del M5S si sono schierati contro il progetto leghista. C’è poi la corsa il masochismo sfrenato, visto che anche il governatore della Campania, Vincenzo De Luca, chiede di accedervi”.
A livello di mobilità professionale, in ballo, ha sottolineato il leader Unicobas, c’è “la titolarità regionale: perché si rimane chiusi in quel territorio, senza possibilità di uscirvi”. Andando così a stravolgere l’attuale mobilità interprovinciale e interregionale.
“È quello che vuole il governatore Luca Zaia, la cui prima versione è stata approvata dal Governo Gentiloni – puntualizza d’Errico -: perché il Veneto vuole la regionalizzazione piena, da gestire in via esclusiva. Il senatore della Lega Mario Pittoni, anziché indorare la pillola, come accaduto due giorni fa sulla Tecnica della Scuola, ci deve dire se la regionalizzazione della regione Veneto comprende o no la regionalizzazione assoluta del personale docente e Ata”.
A noi risulta, ha continuato d’Errico, che “se passa il progetto bisognerà fare un contratto diverso per ogni regione. E l’intesa non può essere modificata in Parlamento: si vota così come è. Ecco perché ci siamo mossi subito e abbiamo proclamato lo sciopero del 27 febbraio. Inoltre, abbiamo lavorato per un percorso unitario: un documento senza precedenti, sottoscritto da tutti i sindacati e le associazioni di categoria”.
D’Errico invita tutti gli interessati ad alzare la testa e venire in piazza sotto Montecitorio per dire no al progetto di legge: “non dobbiamo raggiungere il 100%, ma ricordo che bastò il 35% per cacciare l’allora ministro Luigi Berlinguer”.
“Il nostro sciopero ha fatto sì che uscissero fuori mal di pancia e differenziazioni dentro il Movimento 5 Stelle. Inoltre, anche la Lega comincia a temere un’insurrezione della scuola”. Entrambi i partiti di Governo “hanno voltato le spalle alla scuola e rischiano di fare la stessa fine che ha fatto Renzi. Il 27 febbraio diamo la possibilità ai docenti e agli Ata di tutto il Paese di esprimersi chiaramente con lo sciopero: perché la regionalizzazione incombe e possono votarla entro il mese o anche i primi di marzo, poiché, ricordo, si tratta solo di approvare un’intesa che non può essere modificata una volta licenziata dal Consiglio dei ministri”.
Senza dimenticare che dietro “c’è anche la Regione Emilia Romagna, con il gioco del Pd che fa il ‘pesce in barile’ e vuole la regionalizzazione: non a caso sostiene di volere fare da apripista”, conclude il sindacalista di base.
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