Nelle ultime due settimane, sulla proposta di legge della Lega a favore della regionalizzazione di un numero consistente di competenze, fino a 27 tra cui la scuola, il primo partito di Governo ha assunto una linea diversa: dopo il silenzio dei mesi passati, si è passati ad una posizione scettica, spesso critica. Tanto è vero che il progetto, dopo lo stop in CdM, sta vivendo un periodo di stasi. Ne abbiamo parlato il 27 febbraio con l’on. Luigi Gallo (M5S), presidente della VII Commissione della Camera, a margine del sit-in Unicobas-Anief svolto davanti a Montecitorio.
On. Luigi Gallo, qual è la posizione del M5S sull’autonomia differenziata?
Partiamo da come parte questo processo. C’è una regione a guida del Partito Democratico che chiede l’autonomia differenziata. Poi ci sono due regioni a guida centro-destra, Lombardia e Veneto, che chiedono l’autonomia differenziata. All’interno di questo quadro, il Movimento 5 Stelle è il soggetto che sta definendo dei contro-dossier, soprattutto per la parte del comparto dell’Istruzione.
Quali sono gli ambiti della scuola che secondo voi non possono passare alle regioni?
Siamo stati chiari sin dall’inizio che non si può differenziare l’organizzazione del lavoro della scuola, come le proposte formative, il reddito dei professori. Siamo contrari a concedere queste autonomie specifiche, così come i criteri per le ripartizioni delle risorse per le scuole private.
E ora cosa intendete fare?
Sostanzialmente noi, attraverso il contro-dossier presentato, abbiamo chiesto al Parlamento di avviare la discussione per intervenire su dei punti importanti: in pratica, stiamo definendo un argine a quello che è il concetto di regionalizzazione che tutti indicano.
Conferma la volontà del M5S di “parlamentarizzare” il testo che verrà approvato sulla regionalizzazione che la Lega vorrebbe invece inemendabile?
Sì, noi vogliamo trovare gli strumenti per intervenire prima che arrivi una bozza finale su cui bisognerà dire un ‘no’ o un ‘sì’ secco. Perché a quel punto diventerebbe veramente difficile cambiare le cose. Invece occorre avviare un vero dibattito nel Paese.
In che termini si svolgerà il confronto pubblico?
I cittadini vogliono dire la loro, devono essere consultati. A partire dalle organizzazioni. Un ente costituzionale come la scuola, come diceva Piero Calamandrei, dove essere coinvolto in questo processo: non gli può cadere sulla testa una decisione così importante. Bisogna quindi assolutamente aprire il dibattito ed intervenire su tutti i temi.