Mentre a Strasburgo l’Europarlamento elegge un presidente del Pd, David Sassoli, un vicepresidente del M5S, Fabio Massimo Castaldo, facendo balenare i sospetti di un accordo ai danni della Lega, continua, incessante, l’opera politica dei rappresentanti del Carroccio per arrivare ad approvare la legge sulla regionalizzazione.
In particolare, nella riunione notturna tra il 3 e il 4 luglio – dove c’erano tutti i ministri e anche diversi governatori, con il leghista Attilio Fontana a spingere come non mai – le distanze tra i leghisti e il sempre scettico M5S, si sarebbero avvicinate. Anche di molto.
Ma non sulla scuola, sul quale i pentastellati continuano a mantenere molte riserve. Il M5S sull’istruzione da mantenere a livello nazionale chiede garanzie: addirittura, sarebbe pronto “a fare le barricate”. Anche perchè, ricordano, l’intesa del 24 aprile con il premier Giuseppe Conte non può essere disattesa.
In ogni caso, la novità è nell’apertura della Lega sulla possibilità che le due Camere possano andare ad emendare il testo uscito dal Consiglio dei ministri, come aveva garantito qualche giorno il presidente grillino della Commissione Cultura Luigi Gallo.
L’accordo si sarebbe concretizzato sulla ripartizione delle risorse finanziarie: sembra che la Lega abbia trovato il modo di accontentare il M5S, io quale non transige sull’adozione di un meccanismo di perequazione equilibrato, al fine di evitare che le Regioni prendano più o meno risorse a seconda del gettito prodotto negli anni futuri: almeno in un primo periodo della riforma, ha assicurato i leghisti, i trasferimenti delle risorse si incentreranno sulla spesa storica delle Regioni.
A fine vertice, la ministra per il Sud Barbara Lezzi, che già qualche settimana fa si era detta ottimista sull’iter del ddl sull’autonomia differenziata, ha detto: “è andata bene, ci sono passi avanti, stiamo costruendo una proposta che rispetti la Costituzione”.
Anche secondo le agenzie di stampa, l’aria che tira nel Governo sulla regionalizzazione è diventata più respirabile. Per sapere quanto, però, bisognerà aspettare la prossima settimana, lunedì 8, quando è previsto un nuovo vertice.
In quell’occasione si saprà se il testo avrà il placet per essere riproposto in CdM, per essere stavolta licenziato davvero.
Il tutto avviene a ridosso della pubblicazione del documento prodotto dal “Dipartimento per gli affari giuridici e legislativi della Presidenza del Consiglio dei Ministri”, con cui i tecnici di Palazzo Chigi hanno evidenziato al premier Giuseppe Conte diversi rilievi sull’applicazione dell’articolo 116, terzo comma, della Costituzione, ponendo forti dubbi sull’autonomia differenziata perché andrebbe a determinare particolari condizioni, favorevoli, proprio nelle regioni proponenti. Riproponendo, quindi, quei dubbi di costituzionalità mossi da molti in tempi non sospetti.
Nel documento, si sottolineava anche come l’impatto del provvedimento su ambiti materiali rientranti nella competenza esclusiva dello Stato, avrebbero potuto creare disparità di trattamento tra regioni o difficoltà nella libera circolazione delle persone e delle cose tra i territori regionali o limitazioni dell’esercizio del diritto al lavoro in qualunque parte del territorio nazionale. Per tali ragioni, si è paventato in dottrina che l’affidamento ad alcune regioni di servizi a forte contenuto redistributivo (come l’istruzione e la sanità) potrebbe portare ad un indebolimento dei diritti di cittadinanza, nonché a problemi relativi all’individuazione di criteri per l’assegnazione delle risorse.
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