Il progetto di regionalizzazione a cui il Governo intende dare avvio “pregiudica la tenuta unitaria del sistema nazionale in un contesto nel quale già esistono forti squilibri fra aree territoriali e regionali” è questo il giudizio dei sindacati e delle associazioni che hanno sottoscritto un appello che intendono discutere nel territorio con il maggior numero possibile di docenti e operatori.
L’appello è ampiamente unitario perché, al momento, è stato sottoscritto da Flc-Cgil, Cisl-Scuola, Uil-Scuola, Snals, Gilda, Cobas e Unicobas oltre che da una ventina di associazioni di docenti e studenti.
Ed è la prima volta, dopo molto tempo, che non si realizza nel mondo della scuola una unità di intenti così ampia; neppure il movimento no-107, forse, aveva raccolto così tante sigle pronte a protestare.
“Obiettivo del progetto – si legge nel documento – è quello di regionalizzare la scuola e l’intero sistema formativo tramite una vera e propria ‘secessione’ delle Regioni più ricche, che porterà a un sistema scolastico con investimenti e qualità legati alla ricchezza del territorio. Si avranno, come conseguenza immediata, inquadramenti contrattuali del personale su base regionale; salari, forme di reclutamento e sistemi di valutazione disuguali; livelli ancor più differenziati di welfare studentesco e percorsi educativi diversificati. Di fatto viene meno il ruolo dello Stato come garante di unità nazionale, solidarietà e perequazione tra le diverse aree del Paese; ne consegue una forte diversificazione nella concreta esigibilità di diritti fondamentali”.
Con questo progetto, sostengono sindacati e associazioni, l’autonomia regionale già esplicitamente riconosciuta dall’articolo 117 della Costituzione ne uscirebbe ulteriormente rinforzata, con conseguenze gravissime: “Verrebbero infatti meno principi supremi della Costituzione racchiusi nei valori inderogabili e non negoziabili contenuti nella prima parte della Carta costituzionale, che impegnano lo Stato ad assicurare un pari livello di formazione scolastica e di istruzione a tutti, con particolare attenzione alle aree territoriali con minori risorse disponibili e alle persone in condizioni di svantaggio economico e sociale”.
“La scuola – si legge ancora nel documento – non è un semplice servizio, ma una funzione primaria garantita dallo Stato a tutti i cittadini italiani, quali che siano la regione in cui risiedono, il loro reddito, la loro identità culturale e religiosa. L’unitarietà culturale e politica del sistema di istruzione e ricerca è condizione irrinunciabile per garantire uguaglianza di opportunità alle nuove generazioni nell’accesso alla cultura, all’istruzione e alla formazione fino ai suoi più alti livelli”.
“La scuola della Repubblica, garante del pluralismo culturale e preposta a rimuovere ogni ostacolo economico e sociale – sostengono sindacati e associazioni – è, e deve essere, a carico della fiscalità generale nazionale, semplicemente perché esprime e soddisfa l’interesse generale. Un Paese che voglia innalzare il proprio livello d’istruzione generale deve unificare, anziché separare: unificare i percorsi didattici, soprattutto nella scuola dell’obbligo; garantire, incrementandola, l’offerta educativa e formativa e le possibilità di accesso all’istruzione fino ai suoi livelli più elevati; assicurare la qualità e la quantità dell’offerta di istruzione e formazione in tutto il Paese, senza distinzioni e gerarchie”.
Al contrario “regionalizzare la scuola e il sistema educativo e formativo significherebbe prefigurare istituti e studenti di serie A e di serie B a seconda delle risorse del territorio; ignorare il principio delle pari opportunità culturali e sociali e sostituirlo con quello delle impari opportunità economiche; disarticolare il CCNL attraverso sperequazioni inaccettabili negli stipendi e negli orari dei lavoratori della scuola che operano nella stessa tipologia di istituzione scolastica, nelle condizioni di formazione e reclutamento dei docenti, nei sistemi di valutazione, trasformati in sistemi di controllo; subordinare l’organizzazione scolastica alle scelte politiche – prima ancora che economiche – di ogni singolo Consiglio regionale; condizionare localmente gli organi collegiali. Significa in sostanza frantumare il sistema educativo e formativo nazionale e la cultura stessa del Paese”.
“Questa frammentazione – conclude l’appello – sarà foriera di una disgregazione culturale e sociale che il nostro Paese non potrebbe assolutamente tollerare, pena la disarticolazione di un tessuto già fragile, fin troppo segnato da storie ed esperienze non di rado contrastanti e divisive”.
I Partigiani della Scuola Pubblica chiamano a raccolta tutte le forze politiche e sociali della Calabria che intendono opporsi al processo di secessione di cui ormai sono chiari i contorni: “I parlamentari del Nord di tutti i gruppi politici sono in larghissima misura favorevoli al compimento di questa sciagura. Per questo è necessario che la miriade di iniziative contro la secessione promosse singolarmente da vari e disparati soggetti pervenga a sintesi. Solo così si potranno creare le opportune sinergie affinché si formi in parlamento una maggioranza specifica che fermi la locomotiva”.
Si vedano anche
LA CAMPAGNA DI COMUNICAZIONE UIL SCUOLA #VOGLIOUNASCUOLA
Campagna Restiamo Uniti
LEGGI ANCHE
Il conferimento delle supplenze temporanee si attua mediante la stipula di contratti di lavoro a…
Se il patriarcato non c’entra, ma c’entra il fenomeno degli stranieri che stanno arrivando in…
Un nostro affezionato lettore, docente in un Istituto Comprensivo in cui vige la settimana corta,…
Ancora censure nelle scuole degli Stati Uniti : in Florida sono tantissimi i libri che…
Ormai manca poco all'attesissima pubblicazione del prossimo bando del concorso docenti 2024. Come ha già…
Nella puntata del daytime di oggi, 19 novembre, del talent show Amici, in onda su…