Ancora una fumata nera sulla regionalizzazione. Il vertice di prima mattina dell’11 luglio non ha infatti prodotto alcun risultato: Lega e M5S continuano ad essere troppo lontani. L’annuncio è stato dato direttamente dal leader politico dei grillini Luigi Di Maio in diretta Facebook all’uscita da Palazzo Chigi, al termine dell’incontro.
“Stamattina – ha detto Di Maio – il tavolo sull’autonomia si è bloccato sull’autonomia e sulla regionalizzazione della scuola. Perché noi crediamo che un bambino in Italia non scelga in quale regione nascere: non è giusto che si dica che siccome una regione ha più soldi, quei bambini che nascono lì hanno più diritto all’Istruzione rispetto agli altri bambini che nascono in una regione dove ci sono meno soldi”.
Secondo il vicepremier, “i bambini non c’entrano niente con l’autonomia. E noi dobbiamo garantire l’unità della scuola, come l’unita nazionale”.
Detto questo, Di Maio ha anche ribadito che “per quanto mi riguarda l’autonomia si deve fare, ma ciò non significa che si deve fare male”.
Il pentastellato ha quindi ricordato il precedente negativo della sanità: “stiamo ancora pagando, purtroppo, – ha detto – lo scotto del titolo quinto della Costituzione riformata nel 2001: in Italia sono nate 20 sanità diverse con 20 disfunzioni diverse. Adesso che cosa vogliamo fare: 20 scuole diverse. Io su questo invito ad una riflessione, però con uno spirito costruttivo”.
La forte presa di posizione del M5S contro la regionalizzazione della scuola è stata espressa da alcuni giorni: i “grillini” temono, in particolare, di andare a produrre danni alle Regioni con minori servizi e risorse, istituendo scuole di serie A, B e C.
In particolare, dal M5S è stato espresso più di qualche dubbio sul fatto che una legge del genere possa essere poi cassata dalla Consulta e quindi non adottabile.
A far emergere il problema è il sottosegretario pentasellato Salvatore Giuliano, di professione preside, che ha citato una sentenza della Corte Costituzionale del 2013, con presidente l’attuale Capo dello Stato, Sergio Mattarella, la quale ha definito incostituzionale il principio (dell’assunzione diretta dei docenti) su una richiesta già espressa in passato dalla Lombardia (la sentenza 76/2013, sempre della Consulta, sull’articolo 12 della legge regione lombarda).
Il M5S ha presentato forti perplessità a proposito dei contenuti dell’art. 11 della riforma Stefani: si tratta, del principio delle norme generali non cedibili dove per norme generali si fa riferimento ai cicli scolastici, al piano di studio, alle valutazioni di sistema, all’alternanza scuola lavoro, alla formazione degli insegnanti, al contenuto dei programmi, alle norme sulla parità scolastica, all’organizzazione su offerta formativa.
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