Sulla questione della autonomia differenziata i Partigiani della Scuola Pubblica non intendono fermarsi e vanno avanti: proprio in questi giorni ha reso pubblico un ampio documento ricco di dati e di analisi firma di Rosella Cerra, insegnante calabrese che da anni si sta dedicando allo studio del tema della regionalizzazione e del federalismo.
In realtà esordisce Rosella Cerra il federalismo lo si sta già applicando ma in maniera tale da pesare enormemente sulle regioni del Sud senza che queste quasi se ne rendano conto.
Si spieghi meglio
Si tratta della spartizione anomala e illegittima del Fondo Perequativo per i comuni, o Fondo di Solidarietà istituito con il decreto legislativo n. 23 del 2011, attuativo della legge n. 42/2009 sul federalismo fiscale. Questo Fondo è alimentato direttamente dai soldi dei comuni stessi ed è circa di due miliardi.
Sono ormai almeno una settantina i comuni del sud ad aver presentato ricorso contro l’illegittima spartizione del Fondo Perequativo a vantaggio dei Comuni del Nord. Facciamo qualche esempio: a Reggio Calabria per l’infanzia vengono spesi 19 euro a bambino mentre a Trento 2.450, a Torino si spendono 51 milioni per gli asili nido e a Napoli 16, per l’istruzione in generale 129 milioni a Torino e 55 a Napoli.
Ma intanto il progetto di autonomia differenziata va avanti
Il punto è che questo progetto è del tutto illegittimo: per poterlo realizzare bisognerebbe per prima cosa definire i LEP, i livelli essenziali delle prestazioni, così come era già previsto dalla legge 42/2009, la cosiddetta legge Calderoli
Per esempio va stabilito che in ogni parte d’Italia esista un servizio pubblico di trasporto per ogni tot chilometri di strada o che ci sia un ospedale ogni tot di abitanti
E quindi adesso accade che lo Stato eroghi i fondi semplicemente sulla base delle richieste dei Comuni e delle Regioni
Possiamo fare un esempio?
Il caso dei fondi per implementare il sistema 0-6 anni previsto dalla legge 107 è assolutamente emblematico. Con la delibera del 22-03-2018 la Regione Calabria accettava con rassegnazione 4.843.000 euro per gli asili nido di tutta la regione precisando che “Il riparto delle risorse statali destinate alla Regione Calabria per l’anno 2017, è effettuato sulla base dell’offerta dei servizi per la prima infanzia presente in ciascun territorio”. Cioè: se non sono presenti vuol dire che non servono! Questo perché ci si basa sul dato storico e non sull’effettivo bisogno in base alla popolazione.
Ma sulla definizione dei LEP non c’è forse anche un po’ di inerzia da parte delle regioni ?
Assolutamente no, esiste una specifica commissione nazionale che deve definire i fabbisogni standard, le regioni non c’entrano
Senza LEP non si può parlare né di autonomia né di federalismo.
L’esistenza dei LEP consentirebbe una equa distribuzione delle risorse, poi se una regione vuole aumentare o migliorare i servizi pubblici per i propri cittadini è libera di farlo.
Il fatto che ci sia una sanità di serie A e una di serie B, non è anche un po’ responsabilità delle singole regioni?
In un certo senso sì, ma oggi accade che se io cittadino italiano che abito in Calabria non ho nella mia regione una struttura adeguata io posso andare a curarmi altrove. A quel punto però la regione in vado a curarmi chiede il rimborso alla Calabria che così continua a non avere soldi per garantirmi le cure a casa mia
Allora neppure la mancanza di strutture è una responsabilità delle regioni?
Che la corruzione provochi una erosione delle risorse a disposizione è vero, ma d’altra parte i fenomeni corruttivi sono diffusi su tutto il territorio nazionale, basti pensare allo scandalo del MOSE nel Veneto.
Se in una regione le risorse sono pari a 1000 e 50 se ne vanno in corruzione ne resta pur sempre una bella fetta per dare ai cittadini servizi di qualità; se in un’altra regione le risorse sono solo 100 e 50 vanno in corruzione, alla fine non resta quasi nulla.
E’ un ragionamento un po’ terra terra, da massaia ma credo che renda l’idea della situazione.
C’è un punto: in una regione del sud a statuto speciale come la Sicilia già oggi il 100% delle entrate fiscali viene trattenuto nel territorio e nonostante questo non sempre i servizi pubblici sono adeguati. Come si risolve questo paradosso?
Dovrebbe esserci un ulteriore trasferimento di fondi, impedendo però che le maggiori risorse assegnate vengano utilizzate per superstipendi e superpensioni per i deputati regionali e non solo.
Ma il problema degli stipendi d’oro dei consiglieri regionali esiste anche altrove a cominciare dalla mia stessa Calabria.
Ma perché molte regioni non riescono a farsi bastare i soldi che ricevono dallo Stato?
Il fatto è che oggi alle regioni del sud viene assegnata una quota del 28% del totale di 1.026 miliardi di spesa pubblica statale: se la spesa fosse distribuita in base alla popolazione residente, al sud dovrebbe arrivare invece il 34% delle risorse e cioè 61 miliardi in più. In pratica, il nord sta scippando il 6% al sud. Questa situazione è stata riconosciuta dallo stesso presidente Conte che tempo fa aveva affermato che “sarà importante tenere conto di questi squilibri nell’ambito della discussione sull’autonomia differenziata”.
Le conseguenze sono importanti: fra il 2009 e il 2015 il PIL al Sud è diminuito del 10%. Se si fosse applicata la clausola del 34% la diminuzione sarebbe stata la metà, ossia del 5,4% e questo avrebbe determinato un aumento del PIL in tutta Italia dello 0,2%.
A guadagnarci sarebbe stato quindi l’intero Paese.
Il Paese è come il corpo umano: se una parte del corpo sta male a soffrirne è l’intero organismo, cioè la persona nel suo insieme.
Ma nel concreto come pensate di opporvi a quello che ormai sembra essere una priorità assoluta sia per la Lega sia forse per l’intero Governo?
Basterebbe che questo Governo mantenesse fermo un punto: prima i LEP e poi tutto il resto, senza dimenticare che bisogna anche ridefinirei LEA (livelli essenziali dell’assistenza).
Il problema secondo noi non è solo quello della scuola, il tema è assolutamente generale. Quello della sanità, per esempio, è decisamente più grave perché ha a che vedere con la vita delle persone.
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