Le rassicurazioni di Luigi Di Maio in merito al progetto di regionalizzazione non convincono tutti: dare il via libera alla autonomia differenziata a condizione che contestualmente si vari un “grande piano per il Sud” come ha dichiarato il capo politico del M5S appare a molti una vera e propria resa del Movimento alla Lega di Salvini.
Lega che, per parte sua, non può permettersi il lusso di trascurare le richieste delle regioni del nord e in particolare della Lombardia e del Veneto.
Duro in proposito il commento di Stefano d’Errico, segretario nazionale Unicobas: “Dilettanti e analfabeti della politica non hanno ancora letto la controriforma costituzionale del Governo Amato del 2001: il parlamento non può ‘discutere’ sull’intesa fra le regioni che, come il Veneto, chiedono l’autonomia differenziata con la gestione diretta e totale della scuola (e del resto), organici compresi, e che vogliono trattenere il 90% del residuo fiscale”.
Molti di coloro che sono contrari alla regionalizzazione sostengono che l’operazione si potrebbe anche fare ma solo dopo aver definito i LEP (livelli essenziali delle prestazioni).
“Per carità – replica ancora d’Errico – anche la definizione dei LEP non serve a nulla: il Parlamento può solo votare sì o no. A questo punto il M5S deve decidere se votare contro o a favore della regionalizzazione leghista, non c’è una terza possibilità”.
Nella giornata di venerdì è circolata la notizia che il Governo potrebbe riunirsi martedì 25 giugno per decidere in merito.
Ma proprio per la stessa data è in programma a Roma una manifestazione di protesta (“contro la regionalizzazione senza se e senza ma” l’hanno definita fin da subito gli organizzatori); l’iniziativa è promossa da un Comitato spontaneo e sostenuta tra gli altri dai Cobas e dall’Unicobas romani oltre che dall’Anief e dalla Gilda (l’adesione di questa sigla è arrivata nelle ultime ore).
Secondo voci più che attendibili, alla manifestazione parteciperanno anche diversi parlamentari del M5S che intendono rimarcare il proprio dissenso rispetto ad una operazione che potrebbe rivelarsi decisamente rischiosa per la tenuta del Governo. A quel punto Giuseppe Conte avrà un altro problema da risolvere.