Sulla regionalizzazione i sindacati mettono le mani avanti e ribadiscono che l’intesa sottoscritta il 24 aprile con il presidente Conte non si tocca.
Preoccupati forse dalle notizie che arrivano soprattutto dalle Regioni del nord e in particolare dalla Lombardia e dal Veneto, i sindacati hanno diramato proprio oggi 24 luglio un comunicato che si apre così: “L’Intesa del 24 aprile va integralmente attuata” scrivono Cgil, Cisl, Uil, Snals e Gilda che aggiungono: “Qualsiasi forma di autonomia differenziata nella scuola e nell’istruzione è incompatibile con quell’Intesa. Con l’intesa di Palazzo Chigi del 24 aprile scorso le parti firmatarie hanno escluso che nella scuola e nell’istruzione si possa praticare qualsiasi forma di regionalizzazione”.
I sindacati sottoilneano di “aver valutato positivamente, nei giorni scorsi, le prese di posizione da parte del Governo in direzione di una riaffermata unitarietà del sistema nazionale d’istruzione, attraverso la disciplina del personale affidata al contratto nazionale e un sistema di reclutamento uniforme”.
“Le competenze di cui dispongono le Regioni, unitamente ai livelli decentrati di contrattazione confermati nel nuovo CCNL – aggiungono ancora – possono già oggi soddisfare ampiamente le esigenze di una programmazione e gestione dell’offerta formativa attenta alle diverse specificità territoriali”.
Di tutt’altro tenore le dichiarazioni di Attilio Fontana, presidente della Regione Lombardia: “Sono dubbioso in merito alle notizie che ho avuto che, a quanto pare, ribadiscono che non va bene la norma di autonomia finanziaria prevista e che non ci sia alcun ampliamento di competenze in materia sanitaria, di scuola, di infrastrutture, per cui è chiaro che se così fosse sarebbe inutile anche incontrarci”.
A questo punto diventa sempre più urgente conoscere il testo ufficiale della proposta del Governo, anche se si comprende bene che il ritardo è legato in larga misura alle difficoltà di arrivare ad un’intesa politica fra Lega e M5S.
Certo è che quanto accaduto oggi al Senato non fa ben sperare: l’uscita dall’aula dei senatori del M5S nel momento in cui il presidente Conte ha ribadito di avere piena fiducia in Salvini a proposito della vicenda dei fondi russi è un segnale preoccupante per la stessa stabilità del Governo.
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