Abbiamo intervistato l’economista Gianfranco Viesti, docente di Economia applicata nel Dipartimento di Scienze politiche dell’Università di Bari e editorialista del “Sole 24 Ore”, “Avvenire”, “la “Gazzetta del Mezzogiorno”, sul problema della regionalizzazione della scuola.
Il M5S parla di regionalizzazione della scuola a saldi invariati, rassicura che nessuno ci rimetterà un euro. È veramente così? Le regioni del sud potranno avere le risorse economiche che hanno sempre avuto per fare funzionare le scuole?
A saldi invariati per lo Stato, ma non a saldi invariati per le regioni. Lo ha detto anche il Presidente della Regione Veneto Luca Zaia ieri in audizione, con l’autonomia differenziata e la regionalizzazione della scuola andranno ricalcolati i fondi di ciascuna regione.
Dai pochi documenti ufficiali che rende disponibile il Governo, e che chiunque può consultare sul sito del dipartimento degli Affari Regionali – specifica il prof. Viesti – si parla essenzialmente di scuola, e si illustra il meccanismo che andrà a definire i fabbisogni standard, ovvero gli indicatori di servizi necessari moltiplicati per il loro costo, docenti per studente, metri quadri per studente, che sono sostanzialmente i meccanismi che già da decenni applica il Miur nella allocazione dei docenti e nella formazione delle classi, il vero problema è però – prosegue l’economista barese – che se le regioni non si mettono d’accordo tra loro su questi fabbisogni standard, viene comunque garantito alle regioni che chiedono l’autonomia differenziata, la spesa media pro capite.
Cosa si intende per spesa media pro capite e quali saranno i reali risvolti finanziari della regionalizzazione della scuola?
Per fare capire meglio cosa si intende per spesa media pro capite, sullo stesso sito del Ministero della Ministra Stefani (Affari Regionali) c’è la tabellina che fa vedere come la spesa statale media pro capite, sia in Calabria del 50% più alta che in Lombardia. Quindi attraverso questo meccanismo c’è un timore molto concreto di un travaso di risorse molto cospicuo da alcune regioni alle altre, sul sito del Dipartimento degli Affari Regionali sono indicate curiosamente le tre regioni che hanno chiesto l’autonomia (Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna) più quattro regioni del sud, per fare vedere quanto sia iniquo il sistema di oggi che paga moltissimo per l’istruzione scolastica per le regioni del sud e pochissimo per le regioni che chiedono l’autonomia. Questo ragionamento è del tutto falso, perché è molto facile dimostrare, a proposito di questo sto pubblicando uno studio, che la spesa della scuola va calcolata per studente e non pro capite ovvero per popolazione, e già facendo questa correzione si scopre che le differenze sono molto minori, dopo di che vanno considerati almeno altri tre elementi, il primo è che l’età media dei docenti al sud è molto maggiore del nord e quindi costano di più, il secondo è che in particolare in Calabria ma anche in Campania c’è una quota di classi delle elementari con meno di 15 alunni, dovuta alla presenza di piccoli comuni di montagna, che quindi costano di più, la terza è che anche i comuni spendono poi per i servizi scolastici accessori (mense scolastiche, trasporti…) questa spesa pro capite è maggiore nelle regioni del nord, quindi se si fa un quadro appena appena più completo si scopre quello che tutti sanno, cioè che la spesa complessiva per ogni alunno del sud è inferiore e non superiore rispetto alla media nazionale, quindi se c’è da fare un riequilibrio economico, dovrebbe essere fatto, nella spesa degli enti locali, a favore degli studenti del sud.
Non a caso ieri, il Presidente della Regione Veneto Zaia nel suo intervento alla Commissione bicamerale alla Camera ha illustrato le difficoltà della scuola del Veneto, mancanza di dirigenti e mancanza di docenti di sostegno, e gli serve l’autonomia differenziata per risolvere questi problemi, chiaramente investendo più soldi.
La regionalizzazione della scuola comporterà solo una riforma di carattere finanziario o anche normativo?
Dal punto di vista normativo non abbiamo i testi concordati tra Bussetti, Zaia e Fontana, che pur essendo stati già concordati non sono stati resi pubblici, ma sappiamo da fonti che sono circolate e dalle stesse richieste delle tre regioni (Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna) che questi prevedono fra l’altro il passaggio immediato dei dirigenti scolastici e dei dirigenti, funzionari e impiegati degli uffici scolastici alle dipendenze delle regioni e il passaggio opzionale dei docenti alla dipendenza delle regioni e il reclutamento futuro degli insegnanti su base regionale, con l’applicazione degli insegnanti di un Contratto regionale con normative e trattamenti salariali regionali, nonché, per la regione Veneto, la competenza concorrente della regione nel determinare le finalità della scuola.
Quindi il progetto di regionalizzazione per la scuola è tutta in piedi, ha una componente finanziaria retributiva e una componente normativa che va nella direzione della gestione regionale degli insegnanti, dei loro organici e dei loro contratti.
Ultimamente il tema sulla regionalizzazione sembra avere avuto una frenata a livello politico, lei pensa che ci sia un ripensamento?
La questione ad oggi è quella che ho detto, le carte a disposizione sono queste e le dichiarazioni di Zaia indicano la necessità di accelerare sulla regionalizzazione della scuola, e manifestano il bisogno di firmare la pre-intesa prima delle elezioni europee che contiene la norma finanziaria che dicevo prima, quindi la questione è tutto aperta.
Come percepisce la reazione sociale contro la regionalizzazione della scuola? È omogenea in tutto il Paese?
Sulla scuola in particolare c’è una petizione unitaria dei sindacati che sta riscuotendo consenso, anche al nord del Paese ci sono stati convegni, come a Mestre o a Milano, che sono stati molto partecipati. C’è un’opposizione diffusa indipendentemente dalla regione. Bisogna dire che anche se con l’attuazione dell’autonomia differenziata gli insegnanti di Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna sono stati allettati da un possibile aumento salariale, non c’è scritto da nessuna parte che i soldi in più, che arriveranno in queste regioni, andranno sul settore Istruzione e più in particolare sull’aspetto di un aumento stipendiale dei docenti. Il gettito in più che avrebbe una regione come il Veneto potrebbe essere utilizzato per la defiscalizzazione per le imprese e non per la scuola e per migliorare la retribuzione stipendiale dei docenti.
Su invito del prof. Viesti abbiamo visitato il sito del Dipartimento degli Affari Regionali e abbiamo trovato diverso materiale che riguarda l’autonomia differenziata. Abbiamo appreso che il Dipartimento per gli Affari regionali e le Autonomie in merito alle indiscrezioni di stampa su un documento riservato della Ragioneria generale dello Stato che sarebbe fortemente critico sull’impostazione finanziaria contenuta nelle bozze di intesa delle tre regioni ha specificato che sull’impianto generale e in particolare sul sistema di finanziamento dell’autonomia differenziata c’è l’accordo con il Ministero dell’Economia e delle Finanze.
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