È in stand by l’iter sulla regionalizzazione di alcuni servizi pubblici essenziali, come la scuola. Tuttavia, la Lega non cede e presto, probabilmente subito dopo le elezioni europee, tornerà alla carica per l’approvazione in Parlamento. Lo sanno bene i sindacati, che hanno deciso di mettere le mani avanti, passando alla mobilitazione.
“Un paese che vuole uscire dalla crisi e innalzare il livello di istruzione generale, deve unificare anziché dividere le sue forze: regionalizzare la scuola significa frantumare il sistema scolastico nazionale e la cultura stessa del paese”, scrivono in una nota congiunta Flc-Cgil, Cisl Scuola, Uil Scuola, Snals e Gilda.
I sindacati ricordano che “le Regioni Emilia Romagna, Lombardia e Veneto hanno chiesto al Governo un allargamento della loro autonomia su varie materie e tra queste anche quella su istruzione e formazione. L’obiettivo di queste Regioni, condiviso dal Governo, è quello di regionalizzare la scuola pubblica attualmente gestita unitariamente dallo Stato”.
I motivi del no
Ma regionalizzare la scuola pubblica, sostengono, comporterà una serie di conseguenze nefaste per il sistema scolastico italiano. Eccole:
I sindacati, a questo proposito, continuano a raccogliere firme “a sostegno della petizione contro l’autonomia differenziata del sistema scolastico nazionale”: nel Lazio, la Flc-Cgil Roma-Lazio ha organizzato la raccolta firme straordinaria “fuori le scuole della nostra città” per lunedì 15 aprile.
Per il giorno seguente, martedì 16 aprile, a Roma è previsto invece un flash mob, sempre contro la cosiddetta autonomia differenziata: l’appuntamento è alle ore 17 a Piazza Navona.
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