Nel corso del vertice a Palazzo Chigi, Giuseppe Conte, Matteo Salvini e Luigi Di Maio non sono riusciti a trovare la sintesi sulla regionalizzazione, per cui hanno deciso di rinviare la discussione a giovedì mattina alle 8:30, prima del Consiglio dei ministri fissato alle 11:30.
“Stiamo facendo dei passi avanti ma c’è ancora molto da fare”, ha commentato Di Maio. Intanto la discussione si è arenata ancora su tre temi: le concessioni autostradali e ferroviarie, e quindi l’assunzione diretta dei docenti cui le Regioni puntano per sopperire alla denunciata carenza di organici e che in sostanza prevede i concorsi regionali.
L’altro nodo riguarda l’articolo 11 e dunque il piano di studio, le valutazioni di sistema, l’alternanza scuola lavoro, la formazione degli insegnanti, il contenuto dei programmi, le norme sulla parità scolastica e l’organizzazione sull’offerta formativa.
Lega e Cinque Stelle sono ancora distanti su un punto centrale: a chi deve andare il maggior gettito fiscale che matura da un anno all’altro in Veneto e Lombardia una volta saldato il conto delle funzioni trasferite dallo Stato centrale.
Si era pensato di fare confluire in un fondo perequativo per finanziare i servizi delle Regioni soprattutto meridionali che hanno meno risorse. Secondo la Lega, invece, i soldi dovrebbero restare nel bilancio dello Stato, o meglio in quello delle Regioni, le quali avrebbero diritto comunque ad una quota di questo gettito extra. Insomma, Veneto e Lombardia non sono disposte a rinunciare tanto facilmente a quel “dividendo fiscale” sul quale hanno costruito i loro referendum sull’autonomia.
Un accordo le squadre di Lega e Movimento Cinque Stelle non l’anno trovato neppure sulla definizione dei Lep, i livelli essenziali delle prestazioni, ossia il livello minimo dei servizi che deve essere garantito a tutti i cittadini italiani a prescindere dalla Regione nella quale risiedono.
In ogni caso sembra che Movimento rimanga fermamente contrario all’articolo 12 dello schema della riforma, dedicato all’assunzione diretta dei docenti e ai concorsi regionali.
Per i pentastellati il rischio è di recare danno alle Regioni istituendo scuole di serie A, B e C con la possibilità di incappare inoltre nell’incostituzionalità della norma. Del resto il 24 aprile scorso, il presidente del Consiglio Conte aveva firmato un accordo con i sindacati della scuola in cui assicurava l’unitarietà dell’istruzione.
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