Continua il pressing della Lega, ripreso dopo l’esito trionfante dell’urna delle elezioni europee, per legiferare la regionalizzazione di una serie di servizi pubblici, tra cui l’Istruzione.
Le parole del ministro dell’Interno e vicepremier Matteo Salvini, rilasciate nel corso del programma ‘Non è l’arena’ su LA7, non lasciano spazio a dubbi: “Finchè il Governo fa io vado avanti perchè rimangono tante cose da fare. Ma se la settimana prossima dai Cinquestelle ci saranno gli stessi toni di quella precedente, autonomia no, decreto sicurezza no, grandi opere no… L’Italia ha bisogno di una marea di sì. Se ci sono sì si va avanti per quattro anni, altrimenti non tiro a campare”.
L’intenzione del leader del Carroccio è quella di arrivare presto ad un’approvazione finale in Consiglio dei ministri e poi ad un via libera-lampo, senza modifiche, in Parlamento.
Serve, però, innanzitutto il sì di quello che, anche se depotenziato dall’ultima sfida elettorale, rimane sempre il primo partito di Governo: il M5S.
Ad iniziare dal premier Giuseppe Conte, che domenica 2 giugno ha incassato diversi consensi dai cittadini, nel corso della parata ai Fori imperiali a Roma, e anche gli apprezzamenti dal Papa.
Il presidente del Consiglio parlerà agli italiani nel pomeriggio del 3 giugno. Sembra che il suo discorso sarà incentrato su due parole chiave: responsabilità e dignità.
Il primo, anticipa l’Ansa, significa “attenzione ai dossier, alle cose da fare piuttosto che ad una campagna elettorale permanente. Nella dignità, invece, il premier potrebbe individuare la conditio sine qua non per la prosecuzione dell’era giallo-verde. Il quadro, invero, è fosco. Un vertice a tre – con conseguente Cdm – non si dovrebbe avere prima di venerdì, anche perché fino a giovedì Salvini sarà impegnato nella campagna per i ballottaggi, possibile spartiacque, nella strategia leghista, per capire anche cosa fare del governo”.
Ma Conte dovrà anche ridurre le tensioni interne al M5S, in particolare tra governisti (che fanno capo all’attuale leader politico Luigi Di Maio) e ortodossi, che si riferiscono al presidente della Camera Roberto Fico, il quale ha dedicato il 2 giugno “a migranti e Rom”, creando così ulteriori mal di pancia in seno al movimento pentastellato.
Del resto, nei gruppi M5S la sensazione che ormai Salvini abbia deciso per andare alle elezioni politiche sarebbe evidente: “Si vota il 29 settembre? No, prima”, è la battuta che circola in queste ore, riferiscono le sempre informate agenzie di stampa.
Per il Capo dello Stato, però, c’è poco da scherzare. In caso di crisi il percorso sarà lineare, con consultazioni e, in caso di mancato accordo, indizione di nuove elezioni. Da organizzare prima della delicatissima manovra di fine anno: l’Europa ci aspetta al varco ed arrivarci divisi non farebbe bene a nessuno, prima di tutto al Paese.
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