Dopo l’ubriacatura generale dei mesi scorsi, la diffusione del registro elettronico sembra segnare una battuta d’arresto, soprattutto nelle scuole primarie e secondarie di primo.
I motivi sono semplice ed erano anche facilmente prevedibili.
Per poter utilizzare correttamente lo strumento è necessario che la scuola sia dotata di una adeguata rete wireless oltre che di un certo numero di pc portatili o di tablet.
Era del tutto prevedibile che in una situazione in cui le scuole non riescono a garantire neppure i servizi minimi (è di questi giorni la notizia di ispezioni delle Asl e delle relative ordinanze di chiusura per “sporcizia” che si stanno moltiplicando in tutta Italia) non sarebbe stato facile riuscire a generalizzare in pochi mesi l’uso del registro elettronico.
Diversa è ovviamente la situazione delle scuole superiori dove già negli scorsi anni sono state attivate numerose sperimentazioni.
Di questo però il Ministero sembra non preoccuparsi più di tanto: il recente decreto che assegna fondi (15milioni di euro) per la digitalizzazione e per le reti wireless riguarda infatti esclusivamente le scuole secondarie di secondo grado. Scuole primarie e medie, invece, devono fare da sé.
E così in molte istituzioni scolastiche accade che ci sono i tablet ma manca la connessione, oppure c’è la connessione ma non ci sono i soldi per acquistare computer o, ancora, la formazione dei docenti è stata fatta in modo approssimativo.
Senza contare il fatto che in diversi casi i docenti sono di fatto costretti a fare il lavoro dalla propria abitazione.
E questo rappresenta un vero e proprio rischio, perché se la propria connessione non è “protetta” nei modi dovuti qualunque danneggiamento provocato alla piattaforma del registro potrebbe essere addebitato al docente con ripercussioni da non sottovalutare sia sotto l’aspetto economico sia sotto il profilo penale e civile.
Va infine detto che le scuole stanno operando in totale assenza dell’apposito regolamento ministeriale sul piano di digitalizzazione espressamente previsto dalla legge.
Insomma, un po’ di cautela sarebbe necessaria a tutela degli operatori scolastici e degli studenti i cui dati personali e sensibili devono essere trattati in modo preciso e sicuro.
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