C’è un nuovo acronimo che sta creando preoccupazione nelle scuole, soprattutto nei dirigenti scolastici e negli uffici amministrativi: GDPR, sigla che sta per General Data Protection Regulation e che indica in sostanza il Regolamento europeo n 679 del 2016 in materia di trattamento e libera circolazione dei dati.
Regolamento che a partire dal prossimo 25 maggio dovrà necessariamente entrare in vigore in tutta Europa e quindi anche in Italia, sia nel settore privato sia nelle pubbliche amministrazioni.
Proprio pochi giorni fa il Consiglio dei Ministri ha approvato lo schema di decreto legislativo previsto dalla legge delega n. 163 del 25.10.2017.
Non appena riprenderà l’attività parlamentare il decreto sarà esaminato dalle Commissioni parlamentari per essere poi adottato in via definitiva dal Governo che si sta formando.
Le novità sono di non poco conto: quella principale è che il “vecchio” testo unico sulla privacy (il 196 del 2003) andrà in soffitta e sarà completamente abrogato e sostituito dal nuovo provvedimento.
Il Regolamento stabilisce poi che tutti i soggetti, pubblici o privati, che trattano dati personali nominino un DPO (Data ProtectionOfficer o DPO), cioè il responsabile della protezione dei dati.
Una norma importante del Regolamento prevede anche la responsabilità in solido da parte di chi fornisce servizi per il trattamento dei dati.
Questo pone problemi di non poco conto soprattutto per le scuole, dove molto spesso il trattamento dei dati avviene addirittura all’esterno delle sedi scolastiche: il caso tipico è quello del registro elettronico la cui piattaforma viene fornita normalmente da aziende private. D’ora innanzi queste aziende saranno anch’esse responsabili delle modalità di trattamento dei dati e, proprio per questo, avranno anche titolo a definire, in toto o in parte, le regole da seguire.
In materia di registro elettronico si porrà dunque un problema annoso e mai risolto: i fornitori delle piattaforme per la gestione del registro elettronico non avranno nulla da ridire sul fatto che – molto spesso – i docenti si collegano al registro elettronico da casa propria o con il proprio tablet, magari mentre sono in treno e rientrano a casa a fine giornata?
La nostra sensazione è che, di qui in avanti, sarà pressoché impossibile continuare ancora con una prassi di dubbia legittimità.
E, probabilmente, lo stesso “diritto di disconnessione” (che poi si traduce di fatto in “obbligo di connessione”), di cui parla il nuovo CCNL potrebbe essere oggetto di riesame.
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