La crisi del settore scolastico nel Regno Unito presenta molteplici accezioni; la prima, puramente materiale, dovuta alla penuria di investimenti di settore, dipendente da meri fondi privati poco attratti dal comparto in oggetto, dalla vetustà degli edifici scolastici, spesso costretti a chiusure forzate per ovviare rischi, dalla limitata innovazione disposta con strumenti e tools digitali.
La seconda, meno tangibile dai dati, è legata ad una generale crisi della didattica per via delle continue ondate di sciopero e proteste (che costringono alcune regioni del Paese a sospendere le lezioni programmate), per gli effetti delle recenti chiusure dovute all’emergenza sanitaria (con impatti evidenti sull’apprendimento già resi noti da OMS e Eurydice), per la generale stanchezza, scarsa coesione di un corpo docente vetusto e privo di un ricambio generazionale adeguato. Ciò si riflette sulla preparazione degli studenti delle scuole elementari, spesso insufficiente ed inadeguata per le discipline strategiche.
Il caso riportato da The Guardian: quasi 300.000 studenti lasciano la scuola primaria senza competenze di base
Il Ministero dell’Istruzione britannico è stato avvertito che l’obiettivo di aumentare il numero di studenti che accedono alla scuola secondaria con gli standard previsti di lettura, scrittura e matematica è “molto lontano dalla realtà”; nuovi e recenti dati suggeriscono che 275.000 alunni all’anno lasciano l’istruzione primaria senza il giusto livello di competenze in discipline strategiche.
I precedenti esecutivi hanno fissato l’obiettivo di garantire che il 90% dei bambini raggiunga lo standard curricolare nazionale in lettura, scrittura in inglese e matematica alla fine dell’istruzione primaria entro il 2030. Tuttavia, dopo diversi anni di lenti progressi, il rendimento è tornato a livelli solo leggermente superiori a quelli del 2015-16. Il crollo indica che, spiacevolmente, che nel 2022 il 41% degli alunni del sesto anno in Inghilterra ha lasciato la scuola primaria senza soddisfare gli standard previsti in alfabetizzazione e matematica: sono 275.000 tra ragazze e ragazze di 11 anni, secondo i ricercatori del centro per la giustizia sociale (CSJ). Sono 50.000 in più rispetto al 2019.
E in Italia? Fa ancora discutere il caso Invalsi. Penisola spaccata in due
Le prove di apprendimento atte alla verifica nazionale delle conoscenze hanno interessato 2 milioni e 518 mila studenti, con maggiori affluenze registrate in proporzione al numero degli iscritti presso la scuola primaria. Gli impatti delle pandemia e della DAD non sono trascurabili, ma vi sono leggeri segnali di ripresa. La scuola primaria offre un quadro stabile rispetto al 2021 e al 2019: per il grado 2 il 72% raggiunge i livelli di base in italiano, il 70% per la matematica. Il quinto grado offre un quadro più positivo: l’80% per l’italiano, il 66% per la matematica. La prova spacca in due la penisola: il Molise si contraddistingue per i ridultati sopra la media, mentre arretrano Calabria e Sicilia.
Per la scuola secondaria gli studenti che raggiungono risultati almeno adeguati aumentano a singhiozzo: per l’italiano siamo al 61% (-1 % rispetto al 2021), matematica 56% (invariato rispetto al 2021) Inglese-reading (A2) 78% (+2% rispetto al 2021) Inglese-listening (A2): 62% (+2% rispetto al 2021). Per le lingue straniere, inglese in particolare, il 94% degli studenti primari raggiunge il livello A1 del QCER per lettura al 94% (+2% rispetto al 2018), mentre per l’ascolto il dato è fermo al’85% (+6% rispetto al 2018).