Estero

Regno Unito sempre più irraggiungibile: il visto si ottiene solo se si ha un reddito minimo di almeno 45.000 euro

A 3 anni dalla Brexit – in vigore da gennaio del 2021 – si allontana sempre più il Regno Unito, che ora per quanti studenti, giovani che da anni impegnavano le proprie vacanze per i “lavoretti” a Londra e dintorni (e intanto si imparava l’inglese) non sarà praticamente più raggiungibile.

Da aprile 2024 infatti il governo guidato dal premier conservatore Rishi Sunak ha deciso di aumentare a 39 mila sterline l’anno il salario minimo per un visto di lavoro, che corrispondono a circa 45.000 euro.

Questo inciderà pesantemente sui movimenti verso l’Inghilterra, dove per ottenere un visto di lavoro per un mestiere “qualificato”, come per esempio tutti quelli nella ristorazione o nei negozi, non si potrà più accedere facilmente, poiché sarà impossibile raggiungere un salario così alto. 

La stretta del governo londinese è arrivata per ridurre gli ingressi, saliti nel 2022 a un record di 745mila persone che sono entrate nel paese, a favore di personale più qualificato.

Londra e l’Italia

Nel 900, ma poi anche nelle prime decadi del 21° secolo il Regno Unito ha rappresentato per decenni una meta di massa, non solo per chi voleva imparare o migliorare la lingua, ma anche per professionisti e turisti. Per non parlare degli esuli risorgimentali, di ristoratori, finanzieri, avvocati. Oggi gli italiani presenti soltanto nell’area londinese sono 400 mila, come testimoniano i dati delle iscrizioni all’Aire (Anagrafe Italiani Residenti all’Estero).

Alcuni cliché quindi, come “vado a fare il cameriere a Londra” sono destinati a sparire e non solo, il Regno Unito non è più accessibile dalle mobilità del Programma Erasmus, fino a prima della Brexit, una delle mete principali di studenti e docenti.

Eppure, oltre la Manica manca personale, soprattutto in quei settori non appetibili per i britannici e molto cercati dagli italiani in particolare, cuochi e camerieri.

Il processo di internazionalizzazione

Anche per quanto riguarda il processo di internazionalizzazione delle scuole, emerge Nel corso degli anni, le scuole italiane hanno puntato molto sul potenziamento dell’insegnamento linguistico, soprattutto quello della lingua inglese, secondo quanto emerge anche dal XIV Rapporto dell’Osservatorio Nazionale sull’internazionalizzazione delle scuole e la mobilità studentesca, creato nel 2009 dalla Fondazione Intercultura per il dialogo tra le culture e gli scambi giovanili internazionali; al progetto collaborano il Ministero dell’Istruzione e l’Associazione Nazionale Dirigenti e Alte Professionalità della Scuola. 

Le lingue europee, e l’inglese soprattutto, rimangono quelle più insegnate. Gli Stati Uniti mantengono il primato tra le destinazioni, seguiti dal Canada che evidenzia un netto incremento nella ricettività di studenti italiani; tra le mete europee, emerge una spiccata preferenza per i Paesi anglofoni, escluso il Regno Unito, in particolare l’Irlanda. Germania, Francia e Spagna sono le più quotate mete europee non anglofone

Carmelina Maurizio

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