Appare sempre più urgente una rivisitazione della legge 240/2010 della Gelmini dettante “Norme in materia di organizzazione delle università, di personale accademico e reclutamento, nonchè delega al Governo per incentivare la qualità e l’efficienza del sistema universitario”, soprattutto nella parte riguardante il reclutamento dei ricercatori universitari” che, secondo la suddetta legge non godranno più del contratto a tempo indeterminato, bensì di quello a tempo determinato.
La trasformazione della tipologia del contratto di lavoro nuoce pesantemente soprattutto ai ricercatori più giovani, efficienti e preparati, che dopo anni di studi e sacrifici non si vedono riconosciuto il diritto di vedersi trasformare il loro rapporto di lavoro da part time a full time.
Si tratta di una grave ingiustizia che penalizza molto il lavoro sodo e appassionato dei giovani ricercatori e offende ancora una volta il mondo della ricerca universitaria sia per le discipline umanistiche che per le discipline scientifiche.
Questo “neo” introdotto dalle legge 240 della Gelmini favorisce ed alimenta ancora di più il fenomeno della “fuga dei cervelli”, ossia di valenti ricercatori che non vedendosi riconosciuto il loro talento e il loro merito in Italia sono costretti ad emigrare all’estero.
È necessario, quindi, che si riveda lo spirito della legge 240/2010 e si prenda nella dovuta considerazione l’idea di un ripristino della figura del ricercatore universitario a tempo indeterminato con l’indizione dei bandi di concorso per titoli, onde dare un grande respiro di sollievo alle Università italiane dove esiste una grave carenza di personale docente.
I ricercatori potranno usufruire della possibile di continuare a svolgere attività di ricerca e di docenza con maggiore serenità, senza l’incombenza di dover essere licenziati per mancato rinnovo del contratto di lavoro dei ricercatori a te.
Mario Bocola
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