Il 9 maggio il ministro dell’istruzione e del merito Valditara ha presentato, alla 7ª Commissione cultura del Senato, una relazione sulla povertà educativa, sugli abbandoni e sulla dispersione scolastica. Ne ha mostrato la dimensione e l’articolazione, ha indicato i soggetti coinvolti e ha quantificato le risorse finanziarie impiegate.
Alcuni provvedimenti, però, sono difformi dal vigente sistema di regole.
Una divergenza che i membri della Commissione non hanno rilevato. Queste le premesse ai loro interventi: “Relazione puntuale”; “Lei ha detto tante belle cose”; “Apprezzata per chiarezza e puntualità”; “Un’attenta relazione”.
Eppure le norme disattese sono di primissimo ordine.
La prima riguarda il coordinamento didattico: la funzione cardine dei consigli di classe. Consiste nell’indirizzamento di tutti gli insegnamenti ai traguardi elaborati dalla “Programmazione dell’azione educativa” del Collegio dei docenti. Il Ministro, invece, ha affermato che “coordinare il lavoro dei docenti” è compito del tutor e dell’orientatore. Un mandato che affossa la collegialità, eludendo la disposizione sulla dirigenza pubblica del 2009. Essa “Rafforza il principio di distinzione tra le funzioni di indirizzo e controllo spettanti agli organi di governo e le funzioni di gestione amministrativa spettanti alla dirigenza”, principio ispiratore della struttura decisionale dettata dal TU 297/94.
Una seconda decisione critica riguarda “La personalizzazione che dovrà poi essere attuata dai docenti disciplinari”.
Un’iniziativa che ha posto la conoscenza a fondamento del servizio scolastico, decontestualizzando il problema: l’aggettivo disciplinare è inequivocabile.
Due sono i riferimenti normativi trasgrediti.
Il primo riguarda l’autonomia che “si sostanzia nella progettazione e nella realizzazione di interventi di educazione, formazione e istruzione”. L’insegnamento disciplinare è l’appendice di un articolato processo: in questo trova il proprio significato.
Il secondo, del 2020, riguarda la distinzione delle attribuzioni del Ministero dell’istruzione da quelle dell’università e della ricerca. La finalità del primo è identificata nel potenziamento delle capacità e delle competenze dei giovani: le discipline sono strumentali, da utilizzare per il loro conseguimento.
La problematica trattata è da catalogare nella categoria “merito”: presuppone sia comportamenti conformi alle regole, sia azioni in linea con le attese.
Enrico Maranzana
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