Dopo più di tre lustri, nel 2020, verrà dunque bandito un nuovo concorso per insegnanti di religione cattolica, con la metà dei posti riservata a chi vanta tre annualità da almeno 180 giorni: lo prevede, tra le varie disposizioni, il decreto salva precari approvato il 19 dicembre dal Senato come gli stessi contenuti su cui la Camera dei Deputati aveva dato in via libera lo scorso 3 dicembre. È una decisione importante, perché nel frattempo in Italia tre docenti di religione su cinque sono rimasti intrappolati nel lembo del precariato: parliamo di 14 mila supplenti su un totale di 24 mila.
Solo che non prenderà il via quel concorso riservato ai precari con almeno tre anni du supplenze tanto reclamato da sindacati e partiti politici anche della maggioranza.
E, soprattutto, alla fine, il concorso ordinario, approvato con il decreto salva precari, metterà a disposizione per le assunzioni non molto di più di 6 mila posti, di cui appena 3 mila da assegnare ai precari storici. Quindi, ben 8 mila cattedre continueranno ad andare ogni anno a supplenza.
Cosa è stato approvato
Nell’articolo 1-bis si prevede, infatti, che il ministro dell’istruzione “è autorizzato a bandire, entro l’anno 2020, previa intesa con il Presidente della Conferenza episcopale italiana, un concorso per la copertura dei posti per l’insegnamento della religione cattolica che si prevede siano vacanti e disponibili negli anni scolastici dal 2020/2021 al 2022/2023”.
Per i supplenti non si è andati oltre la metà dei posti che si metteranno nel bando di concorso: “Una quota non superiore al 50 per cento dei posti del concorso di cui al comma 1 – si legge sempre nel decreto approvato – può essere riservata al personale docente di religione cattolica, in possesso del riconoscimento di idoneità rilasciato dall’ordinario diocesano, che abbia svolto almeno tre annualità di servizio, anche non consecutive, nelle scuole del sistema nazionale di istruzione”.
Nel frattempo, continueranno ad “essere effettuate le immissioni in ruolo mediante scorrimento delle graduatorie generali di merito” del concorso riservato, per esami e titoli, datato “febbraio 2004”, anche questo riguardante tutti i gradi scolastici.
Tutto rimane immutato
Non è andato in porto, così, l’emendamento annunciato da Gabriele Toccafondi, capogruppo di Italia Viva in Commissione Cultura della Camera, che si era impegnato per portare avanti in Senato un provvedimento per aprire al “concorso riservato per il maggior numero di posti consentito, da affiancare all’ordinario” e per il “superamento del limite del 70% che la norma attuale prevede per i contratti a tempo indeterminato”.
In effetti, anche il limite del 70% di assunzioni di docenti di religione sul totale dei posti liberi, è un handicap non indifferente per la copertura delle cattedre.
Lo Snadir e la ‘cultura dello scarto’
Il concorso ordinario non soddisfa innanzitutto i sindacati, che rivendicavano per i docenti di religione lo stesso trattamento (il concorso riservato) adottato per gli insegnanti curricolari.
Lo Snadir non le manda a dire: “Purtroppo la Politica non ha voluto ascoltare le legittime richieste dei docenti precari di religione”, sostiene il sindacato col maggior numero di iscritti di religione in Italia.
“Per anni – continua lo Snadir – si è cercato di aggirare il problema del precariato di religione con interventi superficiali e non risolutivi, fino a quest’ultimo vergognoso e inaccettabile art.1-bis approvato definitivamente oggi. Tale ingiustizia ha trovato la sua giustificazione tra i paladini della ‘cultura dello scarto’”.
Il confronto a questo punto potrebbe continuare in tribunale: “Di fronte a tale ingiustizia, lo Snadir proporrà iniziative per la tutela dei precari, sia presso i tribunali interni che presso le corti europee per la tutela del principio di uguaglianza e non discriminazione tutelati dalla nostra carta costituzionale, dalla carta di Nizza e dalla clausola 4 della direttiva 1999/70”.