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Religione: Corlazzoli e Ruscica sull’idoneità diocesana

Il recente confronto sull’insegnamento della religione cattolica tra Corlazzoli e Ruscica, di cui si è letto ampiamente anche su questa testata, ha toccato la questione dell’idoneità di quei docenti. Al proposito appare opportuno chiarire un paio di dettagli.

Corlazzoli, circa il prossimo concorso per la stabilizzazione dei docenti di religione (che intanto si sta ulteriormente riducendo a un pro forma, riservato e non selettivo), distingue un 70% di personale assunto tramite tale selezione concorsuale da un 30% che continuerà a essere incaricato annualmente a discrezione della curia. Si sofferma sul secondo contingente, come se almeno il primo fosse scelto solo in base alle sue capacità, senza alcuna intromissione clericale. Non è così. L’idoneità diocesana è necessaria anche per accedere allo stesso concorso e, dopo averlo superato, per poter effettivamente insegnare. Se il vescovo ti ritira l’idoneità, non c’è concorso che tenga (fermo restando che lo Stato deve comunque continuare a pagarti lo stipendio, ma questo è un altro problema).

Va anche detto che, mentre i comuni concorsi per insegnanti mirano ad accertare in primo luogo la competenza nelle discipline di insegnamento, nel caso dell’IRC questo compito è demandato ancora una volta alla curia. Le prove concorsuali infatti in questo caso vertono soltanto su elementi di didattica, legislazione scolastica e cultura generale (che peraltro sono richiesti anche ai candidati degli altri concorsi scolastici, in marginale aggiunta però ai programmi delle loro specifiche materie).

Ruscica sostiene che l’IRC si occupa già oggi di morale, di storia delle religioni e di altri “sistemi di senso”. Insieme dichiara l’idoneità concessa dal vescovo, tramite l’accertamento della personale testimonianza di fede dei candidati, un valore aggiunto, altamente qualificante per i docenti di religione cattolica. Negarlo sarebbe, a suo avviso, come sostenere che un medico no vax sia meglio di uno che confida nella scienza, o che un terrapiattista possa insegnare scienze. Dal che dobbiamo dedurre (ancora “a mo’ di battuta”, beninteso) che la fede nel cattolicesimo è assimilabile alla “fede nella scienza”, e che il cattolicesimo sta alle altre opinioni in materia religiosa ed etica come l’astronomia al terrapiattismo, come la medicina all’antivaccinismo.

Tale è e deve essere l’approccio della scuola a questo genere di tematiche. Almeno secondo il segretario dello Snadir, rappresentante dei docenti di religione.

Andrea Atzeni

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