Giorgio Rembado, presidente nazionale Anp, esprime un pensiero in merito alle utilizzazioni e assegnazioni provvisorie, che sicuramente farà discutere molto.
Infatti, sulle pagine di Italia Oggi, il numero uno del sindacato dei presidi riflette su un concetto più volte dibattuto negli anni: “il lavoro nel comparto scuola pare sia connotato, rispetto ad altre attività lavorative, da un peculiare tratto distintivo: esso è funzionale al prevalente soddisfacimento delle esigenze personali del personale addetto. Esigenze che si manifestano, in primis, nella assoluta e cogente necessità di garantire che l’occupazione sia ‘vicino casa’”.
Secondo Rembado, infatti, in altri settori lavorativi, la prossimità geografica al luogo d’origine o preferito della propria occupazione passerebbe in secondo piano, o comunque non avrebbe lo stesso peso che nel settore scolastico.
A sostegno di questa tesi, chiama in causa la Buona Scuola: “chi non ricorda le violente polemiche divampate a seguito del massiccio piano assunzionale introdotto dalla legge 107/2015?”, spiegando che all’epoca dei fatti fu proposta una cattedra ai precari delle GaE senza passare dal concorso.
“Considerando il perdurare della crisi economica, continua il numero uno di ANP, ci si sarebbe attesi un incondizionato consenso nei confronti di tale decisione. Al contrario, quando il posto d’insegnamento è stato proposto ‘lontano da casa’ e prevalentemente al Nord, si è fatto uno spregiudicato e scandaloso uso del sostantivo ‘deportazione’ per qualificare l’evento.”
Rembado quindi giudica il contratto delle assegnazioni provvisorie e utilizzazioni di quest’anno, sulla falsa riga di quello relativo alla mobilità dello scorso aprile, negativamente, proprio per il fatto di mettere in evidenza questo aspetto, ovvero il prevalere delle scelte o preferenze personali a scapito delle scelte più consone per il sistema scolastico, dimenticando le “tre fondamentali continuità: didattica, di team e di offerta formativa. Esattamente tutto ciò per cui la scuola esiste, nella totale assenza di critiche da parte delle associazioni dei genitori che dovrebbero essere i primi interessati alla qualità dell’istruzione destinata ai loro figli”, conclude Rembado.
A parere di chi scrive, è innegabile che specie negli ultimi anni la categoria dei docenti sembra essere incontentabile, probabilmente per i soliti motivi che ci portiamo dietro, ovvero frustrazione, burnout, scarsa considerazione sociale, ecc…
E sicuramente ci sono molti casi di scelte “strategiche” mirate esclusivamente al soddisfacimento dei propri bisogni personali facendo leva su contratti di trasferimenti da questo punto di vista flessibili.
Ma fare di tutta l’erba un fascio, etichettare la categoria come lavoratori che cercano esclusivamente il “posto sotto casa”, mi pare eccessivo.
E’ vero comunque che bisogna anche adattarsi ai tempi, in cui la mobilità lavorativa sembra essere ormai la prassi se si vuole avere una occupazione.
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