Il Partito Democratico è ad una svolta: tra poche ore, in direzione, Matteo Renzi presenterà le dimissioni da segretario.
Sullo sfondo c’è il congresso anticipato, da esaurirsi entro due mesi con primarie aperte, probabilmente a fine aprile. Con l’idea di elezioni anticipate a giugno o a settembre.
Diversi esponenti della maggioranza Dem avrebbero preferito puntare alla trattativa per la legge elettorale. Solo che Renzi comincia ad essere infastidito dalla minoranza interna. Che tra i punti su cui mettere mano con urgenza mette sempre la scuola.
“Dobbiamo recuperare la fiducia di milioni di italiani che non hanno condiviso molte delle scelte fatte negli ultimi anni. Dal jobs act alla buona scuola, dalle politiche economiche e fiscali alle riforme istituzionali, abbiamo sommato rotture a rotture e perso un pezzo del nostro popolo”, ha detto Roberto Speranza in un messaggio inviato ai partecipanti all’incontro ‘Può nascere un fiore.
La critica interna è però anche complessiva: dobbiamo finirla con le “smanie di di potere di un gruppo dirigente che ha sbagliato”, ha dichiarato Francesco Boccia, presidente della Commissione Bilancio della Camera.
Cosa accadrà ora? Ci affidiamo al cronista dell’Ansa. Secondo cui, se Renzi aprirà il congresso con le dimissioni presentate all’assemblea, lo statuto prevede una commissione congressuale e la permanenza degli organi statutari: dal presidente al tesoriere.
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Ma c’è di più. Lo stesso Renzi, spiega il costituzionalista Stefano Ceccanti, resterebbe segretario, sia pur dimissionario, nella fase congressuale. A chi obietta invece che non si può fare il congresso in tempi troppo rapidi, la risposta dei renziani è che nel 2013 ci sono voluti due mesi. Dunque, i margini per chiudere il congresso con le primarie aperte a fine aprile ci sarebbero.
Inoltre, c’è un dato inequivocabile: l’attuale segretario ha una maggioranza schiacciante. E la sua idea al momento sarebbe quella di lanciare il congresso e invitare il Parlamento a fare in tempi rapidi la legge elettorale. Con il premier Paolo Gentiloni chiamato da molti ad intervenire per un accordo.
Intanto, tra i renziani c’è chi esibisce un articolo di Michele Ainis secondo cui si potrebbe votare anche con le leggi della Consulta: a marzo si potrebbe appurare che non ci sono margini di accordo, osservano, e a quel punto andare a elezioni a giugno, secondo lo schema iniziale.
Elezioni a cui il Partito Democratico potrebbe arrivare ridotto nei numeri: la minoranza Dem insiste a non voler affrontare un congresso-farsa. La scissione diventa sempre più probabile.
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