“Si pensava che con l’uscita di scena di Silvio Berlusconi, quell’eterno rinvio ai tipici personaggi della commedia all’italiana fosse esaurito. Si sperava che il pagliaccio e l’abile battutista con responsabilità di governo avessero lasciato il terreno a una generazione di persone serie, in grado di cogliere la gravità delle situazioni e dunque capace di lavorare con discrezione a soluzioni anche dolorose, ma di largo respiro”.
“E invece questa speranza, questo sogno”, scrive Saviano, “rischia di essersi già infranto”. Secondo lo scrittore, sarebbe necessaria un’azione per riportare in Italia i cervelli in fuga all’estero. Ci vuole un investimento forte sul capitale umano. E invece dobbiamo rassegnarci all’idea che ogni Governo si senta in obbligo di annunciare una ‘rivoluzione’ nel mondo della scuola”.
”Ci si aspetterebbe umiltà, silenzio, riservatezza: esistere solo quando si è al lavoro, rifuggendo ogni futilità”.
E conclude: “Se il giorno in cui si è ufficializzata la deflazione che ha portato l’economia italiana al 1959 il nostro Premier ha teatralmente mangiato il gelato, forse a breve sarà costretto a presentarsi al Paese in ginocchio e con la testa bassa, in un vuoto di parole, finalmente rappresentativo del disastro”.