Oltre 6 mila posti (6.464), che andranno quindi a supplenza, non sono stati assegnati fra quelli della fase C dove erano previste 55.258 assunzioni di cui 48.812 di «posti comuni» e 6.456 per il «sostegno».
Tuttavia il Miur ha registrato un vero e proprio assalto che ha mandato il sito internet in tilt. Sembra però, al di là del facile commento, che fra tutti questi docenti, a cui è stata inviata la proposta di assunzione e che quindi entreranno di ruolo, si è aperta una strada piena di speranza e soprattutto di sicuro tragitto, ora che possono dire addio ai contratti annuali e alle bizze della sorte. Ma non solo. Sono in moltissimi a dire “grazie” a Renzi e al suo governo che, seppure nella contestazione, ha consentito, dopo decenni di frustrazioni e ansie, a migliaia di supplenti e precari di ogni fascia e condizione di stabilizzarsi e di gettarsi dietro le spalle del triste ricordo anni di scoramento e di file, di domande e di scartoffie, di graduatorie e di contratti. E sono anche in tanti i docenti che riconoscono a questo esecutivo di avere dato, benchè altri parlino di elemosine, i famosi 80 euro mensili a cui sono stati aggiunti i 500 annui per l’aggiornamento: chi l’aveva fatto prima? E chi ha stabilizzato un così grande numero di precari, soprattutto dopo gli anni del berlusconismo, durante i quali la parola d’ordine era: la scuola non è l’ufficio di collocamento? Ma si straparlava pure di “fannullonismo” come ideologia stabile e tutta la tendenza dominante era rivolta a sminuire i lavoro dei docenti.
Allora, suggeriscono in molti, occorre essere seri e onesti intellettualmente: bisogna forse rivedere qualche giudizio sul premier Matteo Renzi anche perché con ogni probabilità il problema precariato rischia di essere finalmente del tutto cancellato. O almeno si è sulla buona strada per la sua definitiva scomparsa. Sicuramente restano sul tappeto altri problemi, il rinnovo del contratto per esempio, ma altri pesantissimi blocchi sono stati rimossi e ben lo sanno tutti coloro che hanno, o stanno, per firmare il contratto definitivo di assunzione. È così e c’è poco da ridire.
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