La scuola è troppo importante per il futuro del Paese: al fine di salvaguardarla serve attuare un’alleanza trasversale, con un accordo dei partiti di destra e di sinistra. L’appello giunge dal leader Pd ed ex premier Matteo Renzi, a due settimane esatte dalle votazioni politiche dagli esiti più incerti della storia della Repubblica italiana.
Intervenendo nel corso di un evento organizzato all’auditorium Massimo di Roma, il segretario del Partito Democratico ha detto che “sulla scuola andiamo a testa alta: potevamo far meglio l’algoritmo ma abbiamo investito. E ora siamo pronti a ragionare con Salvini e con Di Maio perché sulla scuola si gioca l’Italia di domani”.
Parlando sempre di Conoscenza, uno dei cardini della politica di Matteo Renzi, l’ex presidente del Consiglio ha sottolineato he “dare il bonus ai diciottenni non è comprarne il voto come dicono certi zoticoni che non sanno cos’è la cultura, ma è l’idea che se compri un libro o vai a un concerto stai diventando un cittadino più in grado di aiutare gli altri”.
Quella di Renzi è un’apertura insolita: sinora, mai si era espresso in questi termini, facendo anche ipotizzare alleanze per un possibile Governo post elezioni, soprattutto qualora le attuali proiezioni dovessero tradursi in esiti effettivi derivanti dalle urne del 4 marzo.
L’idea dell’accordo trasversale sulla scuola, invece, non è nuova: la stessa attuale ministra dell’Istruzione, Valeria Fedeli, ha speso parole per avviare un continuum che riservi alla scuola una corsia preferenziale, in modo che ogni nuovo Governo non stravolga le regole introdotte da quello precedente.
Un nuovo Governo che cambia le regole della scuola, ha detto la titolare del Miur qualche settimana fa, non compie una buona azione: sull’istruzione pubblica, “quando arriva uno e cambia arriva un altro e ricambia è il danno peggiore per un Paese”.
La responsabile del Miur ha ricordato come in altri Paesi, le “scelte di fondo come quelle sulla scuola non vengono cambiate sulla base delle maggioranze politiche”. E ancora: occorre “andare avanti e aggiustare, ci mancherebbe”, ha precisato la Fedeli. Aggiungendo anche che in “una fase come questa, in cui si è cominciato a reinvestire sulla scuola, o si consolida o si torna indietro. Non c’è altro spazio”.
Il concetto è chiaro: la riforma Renzi-Giannini non si tocca. Al massimo si potranno attuare dei miglioramenti o delle modifiche.
Ma con quali argomenti convinceranno quelli del Pd gli avversari politici per non cambiare le sorti della scuola? Ad oggi infatti, sia il M5S che la Lega Nord non sembrano dello stesso avviso. Intervistati entrambi dalla Tecnica della Scuola, anzi, hanno espresso idee opposte: sia di Luigi Maio (“La riforma Renzi non ha nulla di buono. La smantelleremo partendo proprio da quelle misure che hanno trasformato la scuola in un’azienda”), sia lo stesso Matteo Salvini (“Il meccanismo è da rivedere in maniera radicale. Non ci sono solo i commi che interpretano direttive europee danno di chi opera nella scuola”).
La proposta di Renzi, quindi, appare davvero poco fattibile. Quasi da fantapolitica. Perché gli antagonisti politici citati dal segretario Pd, non gradiscono certe novità: ad iniziare dai bonus, passando per la chiamata diretta e l’eccesso di potere ai presidi.
A meno che eventuali alleanze post elezioni, al momento improponibili ma non da escludere a priori, cambino le attuali carte in tavola. Al punto di sconfessare quanto detto per mesi in campagna elettorale.
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