Il premier Matteo Renzi a Repubblicatv dice: “Ho detto che se perdo il referendum sulla riforma costituzionale smetto di far politica. Non è un plebiscito su di me ma finalmente c’è la responsabilità di chi fa politica dopo che per anni c’è stato il pantano”.
Renzi ritiene che questa linea sia più da “sistema anglossassone: fai uno-due mandati e te ne vai”, e dal suo punto di vista ha aggiunto: “Dopo che hai fatto la riduzione delle tasse, il Jobs act, dopo che hai fatto la riforma della scuola e della Pa arrivi alla riforma costituzionale, la partita su cui ti sei giocato tutto, e allora se la perdi devo trarne le conseguenze”.
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Renzi ha anche confermato che dopo il voto finale della Camera ad aprile “partiremo subito con la campagna referendaria”.
E che si tratti di una sorta di ricatto, sono tanti gli studiosi che lo sostengono, perché il referendum sulle riforme costituzionali è previsto dalla Costituzione che non è carta straccia, ma il fondamento della nostra democrazia e del nostro sistema politico. Per cui legare le sorti del governo a un principio inalienabile della costituzione, come è appunto il referendum, ha tutto il timbro di un ricatto che invece non dovrebbe essere lanciato, visto che su una materia tanto delicata, quale la revisione di alcuni titoli della Carta, l’ultima parola aspetta al popolo sovrano: a prescindere da chi governa e da chi propone le rifrome.