“Per quello che ci riguarda è del tutto evidente che se la riforma passa, ci saranno 100mila assunzioni, se la riforma non passa o non passa in tempo, le assunzioni saranno quelle del turn over, che sono circa 20-22mila persone”. E’ serafico il premier, Matteo Renzi, a margine di un convegno alla Camera, gli Stati generali sul clima, quando viene interpellato sulla riforma della scuola e sulle possibili immissioni in ruolo dei docenti.
Tra l’altro le 22mila assunzioni di cui parla il premier, rappresentano una quota, a quanto ci risulta, non solo inferiori ai pensionamenti, ma soprattutto non tengono conto dei circa 16mila posti vacanti e riconosciuti tali anche dal Miur. Mancherebbero all’appello, quindi, almeno 20mila assunzioni.
Renzi ha anche risposto ai cronisti che gli chiedevano se il governo potrebbe mettere la fiducia sul ddl: “Le valutazioni dipendono dal Parlamento”. E se le opposizioni non ritirano gli emendamenti? “Io non entro nel merito delle decisioni delle opposizioni”. E ancora: con la nostra riforma “è il modello di scuola che cambia, cambia tutto il sistema, con l’introduzione dell’organico funzionale e quindi la possibilità di avere più professori. Se rimane il sistema di oggi” non si possono assumere i 100mila professori, perché “non si possono inserire” nel vecchio sistema: “cosa gli fai fare?”.
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Fatto sta che, in attesa di eventuali rettifiche, per il presidente del Consiglio ormai le condizioni sono queste. Non si cambia: sulla scuola, dice sempre Renzi, ora “deciderà il Parlamento”. E anche in tempi brevi, visto che se il disegno di legge non dovesse essere approvato entro fine mese, con successiva ratifica finale e senza mutamenti alla Camera, sarebbe davvero difficile rendere operative le assunzioni dal prossimo 1° settembre.
A meno che non le si voglia attuare, come diciamo da settimane e ribadito quest’oggi su questa testata giornalistica, solo giuridicamente: con effetto pratico rimandato di un anno. Una soluzione che, se da una parte consentirebbe comunque di portare a casa il risultato del quasi svuotamento delle GaE, lascerebbe non pochi diretti interessati con l’amaro in bocca.
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