Matteo Renzi, leader di Italia Viva
Alla fine, il Partito Democratico ha ammesso quello che tanti docenti e Ata volevano sentire da tempo: la Buona Scuola, la contestatissima riforma Renzi-Giannini, è stato un errore. Come lo è stato riformare il lavoro, imponendo il Jobs act. Il mea-culpa, seppure tardivo, è arrivato, in modo più o meno diretto, nel corso della prima direzione Pd del post Renzi, dimissionario, svolta a Roma il 12 marzo e iniziata con la lettura del commiato del segretario dem, peraltro assente.
Le parole scritte sulla e-news dall’ex premier sono poche ma chiare: “Ho ricevuto email bellissime in questi giorni – scrive Renzi – Mi scuso se non riuscirò a rispondere a tutti uno per uno come vorrei”.
“Paolo però merita un’eccezione. È un ragazzo molto giovane, straordinario, che combatte contro la Sla”, spiega.
L’ex segretario dem pubblica la lettera in cui il suo sostenitore gli chiede di “ritirare le dimissioni” e gli domanda: “Ma perché ti sei preso delle responsabilità che tu non hai? Guai a te se la dai vinta a quei franchi tiratori dei finti amici, che pur di fare un dispetto al comandante della nave, hanno forato lo scafo, dimenticandosi che c’erano a bordo anche loro. Fai pulizia in casa, caccia via chi non ti merita e poi vedrai”, conclude Paolo.
“Ecco la mia risposta”, dice Renzi: “Caro Paolo, mi dimetto da segretario del Pd come è giusto fare dopo una sconfitta. Io non mollo, ma soprattutto non mollare tu! A tutti quelli che mi hanno scritto chiedendomi di non mollare rispondo nello stesso modo”.
Poi, la parola passa a Maurizio Martina, il vicesegretario: “Guiderò il partito con il massimo della collegialità e con il pieno coinvolgimento di tutti, maggioranza e minoranze, individuando subito insieme un luogo di coordinamento condiviso. Chiedo unità”.
Martina aggiunge che “l’Assemblea nazionale di aprile anziché avviare il congresso e le primarie dovrebbe dar vita a una Commissione di progetto per una fase costituente e riorganizzativa”.
Poi conferma: il Pd starà “all’opposizione”. E si rivolge a Lega e Cinque Stelle: “i cittadini vi hanno votato per governare, ora fatelo. Cari Di Maio e Salvini prendetevi le vostre responsabilità”.
A prendere la parola sono anche altri 57 componenti. Tra cui Graziano Delrio (“staremo dove ci hanno messo gli elettori, all’opposizione”), un severissimo Gianni Cuperlo (“va azzerato non solo il segretario ma tutta la segreteria e un intero gruppo dirigente. Va costituita subito quella collegialità che coinvolga la ricchezza di quel pluralismo che è mancato”) e Sandra Zampa: “la crisi del Pd è cominciata prima di Renzi, ma lui ha messo dentro benzina che rischia di bruciare tutto”.
Tra gli interventi più critici, c’è stato quello di Cesare Damiano, non proprio vicino a Renzi: “La relazione di Maurizio Martina è stata onesta, perché ha affrontato tutti i problemi ed è una buona base di discussione. Non dobbiamo cercare un capro espiatorio e non possiamo addossare tutte le colpe a Matteo Renzi. Ma in questi anni abbiamo fatto degli errori, come nel caso della buona scuola e del Jobs act”.
“Adesso dobbiamo voltare pagina e Martina nella sua relazione offre una pista di ragionamento, che è quella di ripartire dal basso. È questo che dobbiamo fare. Se vogliamo battere gli estremismi dobbiamo mettere in campo una proposta di riformismo radicale, ridefinendo il tema della protezione”, ha concluso Damiano.
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