“Mi piacerebbe arrivare un giorno al sindacato unico”, senza più avere “sigle su sigle”. La frase sibillina pronunciata da Matteo Renzi, durante il suo tour elettorale in Campania, non è andata proprio giù ai sindacati. Che dopo aver scoperto di aver un’idea fortemente diversa su pensioni, Jobs act, politica industriale, rinnovo dei contratti e, ovviamente, riforma della scuola, si ritrovano compatti a rispondere all’ultima stoccata del premier nei loro confronti.
“Il sindacato unico è invece una concezione che esiste solo nei regimi totalitari”, ha tagliato corto Susanna Camusso, segretario generale della Cgil, sostenendo che quella espressa da Renzi è “una concezione che è concettualmente sbagliata perché presuppone che la totalità di orientamenti e la rappresentanza di tutti i soggetti, anche diversi, che vi sono nel mondo del lavoro, vengano inclusi in un pensiero unico che non fa parte della modernità”.
In disaccordo con il premier si è detta anche Annamaria Furlan, segretario generale Cisl: “L’Italia non ha bisogno di un sindacato unico, ma di sindacati responsabili e riformatori. Non serve a niente alzare polveroni o buttare benzina sul fuoco su questo tema. Piuttosto il Governo si occupi dei problemi veri del Paese, a cominciare dalla questione della crescita, del sostegno ai redditi più bassi e degli investimenti per creare posti di lavoro per i giovani e dare una prospettiva occupazionale a quanti purtroppo si trovano senza lavoro”.
Sulla stessa lunghezza d’onda è il commento Carmelo Barbagallo, leader della Uil, secondo cui Renzi sogna un gruppo di rappresentanza dei lavoratori “come quello che ha Putin. Dove c’è un sindacato unico o ci sono governi totalitari o ci sono lavoratori che stanno peggio. Si deve rassegnare a un sindacato riformista. Vorrei capire poi cosa pensa della rappresentanza degli imprenditori nel ruolo di parte sociale. Pensa pure lì a un sindacato imprenditoriale unico? L’idea di Renzi è sempre quella dell’uomo solo al comando”, ha concluso Barbagallo.
L’idea del sindacato unico non è piaciuta nemmeno agli alleati di Renzi. Secondo Cesare Damiano (Pd), presidente della commissione Lavoro alla Camera, “La tradizione sindacale del nostro Paese esclude che si possa costruire un sindacato unico. Perfino nella stagione più favorevole al movimento dei lavoratori, gli anni Settanta – aggiunge Damiano -, il progetto di sindacato unitario fallì. L’avanguardia dei metalmeccanici che costruì la Flm (Federazione lavoratori metalmeccanici) fu costretta a tornare sui suoi passi”.
“È invece possibile affrontare il tema del ‘disboscamento’ delle sigle sindacali attraverso una legge di sostegno sulla rappresentatività che recepisca gli accordi interconfederali recentemente firmati da Cgil, Cisl, Uil e Confindustria. In Parlamento giacciono numerose proposte di legge sul tema, a partire da quella del Pd”, sottolinea Damiano.
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Pure per Maurizio Sacconi, presidente della commissione lavoro del Senato, Ap (Ncd-Udc) “anche la sola speranza di un sindacato unico è incompatibile non solo con la storia plurale della nazione ma anche con l’idea di una società libera in cui i lavoratori, come gli imprenditori, si associano in forme varie che tra loro si relazionano liberamente. Le leggi hanno il compito di incoraggiare e non irregimentare questa libertà plurale. No quindi alla regolazione di partiti e sindacati autofinanziati perché espressione di quell’autonomia sociale che i veri liberali devono difendere. In questo contesto dobbiamo utilizzare e potenziare l’art. 8 della manovra 2011 consentendo accordi aziendali in deroga ai contratti nazionali e alle leggi per quanto riguarda la disciplina dei rapporti di lavoro e i salari, ferma restando la tutela dei livelli minimi indicati dalla legge”.
Ancora più duro è Nicola Fratoianni, coordinatore nazionale di Sinistra ecologia libertà: “Renzi vuole un sindacato unico? Cominci a rispettare i sindacati che ci sono”.
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