Il senatore Fabrizio Bocchino, (Gruppo Misto-Italia Lavori in Corso). vice presidente della Commissione Istruzione del Senato, intervenendo sulla recente proposta del Governo di riforma della scuola, esprime perplessità rispetto ad alcuni passaggi del testo: “Nelle linee guida sulla scuola proposte dall’Esecutivo, accanto ad alcuni provvedimenti sicuramente apprezzabili, manca qualunque riferimento al diritto allo studio” – ha spiegato Bocchino -. In particolare, suscita non poche preoccupazioni il ricorso a fondi di finanziamento privati a sostegno degli istituti scolastici. “Il Governo Renzi si arrende – ha dichiarato il senatore – aprendo la scuola pubblica a finanziatori privati attraverso strumenti come lo School Bonus e lo School Guarantee. Lo Stato abdica così al suo ruolo primario di finanziatore di una scuola d’eccellenza e si rimette agli investimenti d’imprese e fondi privati, liberi di dirottare risorse su un istituto piuttosto che un altro. Qui non si discute tanto il finanziamento privato in quanto tale – ha continuato il senatore -, quanto piuttosto il suo essere, in questo caso, canale strutturale attraverso il quale la scuola può rinnovarsi e migliorare. Consentire di creare una Fondazione o un ente con autonomia patrimoniale per “sponsorizzare” i vari istituti scolastici alimenterebbe le disparità, peraltro già esistenti, tra scuole di serie A e di serie B, tra centro e periferia, preludio ad una forma di privatizzazione generale della scuola pubblica che non possiamo tollerare. La scuola non può essere trasformata in un’azienda”.
Altre osservazioni riguardano le supplenze che non possono essere eliminate e non è ipotizzabile la fine di tutte le forme di precariato nella scuola. Ben venga la formula dell’organico d’Istituto, ma in una logica di continuità e di efficienza didattica e non attraverso le attuali formule di cattedre frammentate ed ore d’insegnamento articolate in più scuole.
L’annunciato “registro delle professionalità” oltre a costituire un repertorio on line delle competenze, si legge in una nota della Ceripnews, sembra voler innescare una forma di discriminazione professionale, di nepotismo, di squallido bracciantato introdotto nella scuola-azienda che perde così ogni identità di comunità educante e secondo alcuni è una strategia propedeutica per arrivare alla chiamata diretta dei docenti da parte dei Ds.
I compiti specifici esplicitati per il ruolo dei Dirigenti e le procedure del concorso che rende prevalente la dimensione burocratico-amministrativo-legislativo rispetto alla componente pedagogico-didattica, dovrebbero far presagire l’auspicata parità dei ruoli dei dirigenti della pubblica amministrazione, annullando la cosiddetta “dirigenza atipica” che ha contribuito a rendere poco produttiva l’azione dirigenziale.
Molte delle questioni indicate nelle Linee guida afferiscono ai temi connessi alle carriere, agli orari di lavoro, alla formazione in servizio, ai trattamenti economici tabellari e d’incentivazione ed esigono modifiche dello stato giuridico del docente, rendendo quindi, indispensabile la revisione di leggi e di contratti.
Il blocco dei Contratti dei dipendenti pubblici, annunciato dal Ministro Madia, corrisponde ad un voler mettere “vino nuovo in otri vecchi” e la saggezza antica consiglia di non rischiare per non perdere il vino e gli otri.
Il senatoreBocchino fa notare, inoltre, come tra i 12 punti, nonostante le promesse, non vi sia alcun riferimento alla famosa “quota 96”. Nodo irrisolto, su cui il Governo è chiamato a intervenire in maniera piuttosto urgente, visto che riguarda quattromila insegnanti.
Leggendo il documento sembra che la “buona scuola”, perché l’attuale scuola dovrebbe quella “cattiva”, sia soltanto quella pubblica e non appare alcun riferimento alle scuole paritarie che sono altrettanto “buone” e a volte anche migliori, come fanno notare i dirigenti delle scuole cattoliche.
Il documento che, come scrive Suore Anna Monia Alfieri, dosa dramma e speranza, squarci di luce e raggi di poesia nell’uso di alcune belle espressioni quali: “Costruire un’occasione di bellezza educativa per i nostri figli e per le famiglie che spesso vedono nella scuola non un posto dove stare sicuri ma di preoccupazione», per non dire di disperazione”, appare sempre coperto dalla coltre nera dell’insicurezza dei finanziamenti e delle risorse.
«Metteremo più soldi, ma facendo comunque tanta spending review: perché educare, non è mai un costo, ma gli sprechi sono inaccettabili soprattutto nella settrice chiave» dice Renzi, ma questa è semplice promessa che al momento non dà sicurezze e garanzie in merito all’attesa Legge di stabilità, sulla quale si fonda tutta l’impalcatura della “buona scuola”.
Da sempre, infatti, il Ministro dell’Istruzione è stato il Ministro dell’Economia e del Bilancio.
“Anche lo spreco dell’intelligenza dei ragazzi è da evitare, ha detto Renzi: occorre ripensare ciò che s’impara a scuola. Neppure il tablet è sufficiente per imparare”.
Il sano e corretto uso delle nuove tecnologie dovrà fare i conti con le risorse disponibili per rinnovare le attrezzature scolastiche, dopo l’edilizia, e con le professionalità dei docenti, non ancora del tutto pronti e preparati alla didattica multimediale.
Utilizzando l’espressione “patto educativo” si fa intendere che tra Governo e cittadini s’instaura un’intesa, una costruttiva reciprocità, ma al momento le premesse non consentono una convinta adesione ed una efficace realizzazione.
Il dialogo, il confronto, le osservazioni in merito alle indicazioni delle linee guida costituiscono un’occasione da saper cogliere e rendere efficace.