Replica all’intervento di Mario Rusconi

I “Partigiani della Scuola Pubblica” replicano all’intervista di Mario Rusconi, vicepresidente dell’ANP, in cui questi sostiene che durante i 50 seminari tenuti dall’Associazione fosse chiaro che per “docenti contrastivi” s’intendessero coloro che remano contro il POF triennale, un documento condiviso anche dal Collegio docenti e dal Consiglio d’Istituto.

Intanto giova ricordare all’esimio Rusconi che la lingua italiana corretta permette di indicare i docenti che “remano contro” il POF come “ostruzionisti” oppure “oppositivi”, non certo “contrastivi”.

Nel tentativo di definire tali fattispecie di docenti, il Rusconi produce esempi illuminanti: “Ricordo una docente di storia dell’arte che rifiutava di accompagnare i ragazzi nelle visite guidate del sabato mattina o un’altra, di tedesco, non disponibile a seguire i ragazzi nei soggiorni di studio in Germania, fiore all’occhiello della scuola che dirigevo allora”.

Obbligare un docente ad attività extra-scolastiche quali quella di accompagnare i ragazzi in viaggio d’istruzione è un abuso di potere, perché si esige l’adempimento di un’attività attualmente NON OBBLIGATORIA, né RETRIBUITA che impone l’assunzione di notevoli responsabilità di vigilanza, per un numero indefinito di ore/ giorni, notti comprese: queste pretese si sposano male con i docenti anziani (ricordiamo che l’età pensionabile è arrivata a 67 anni!!) o che versano in condizioni di salute o familiari precarie (siamo al Darwinismo legalizzato!), o che non possono permettersi economicamente di sostenere contenziosi con i genitori dei ragazzi che si infortunano o peggio.

Infatti i viaggi d’istruzione nella mente dei ragazzi molto spesso sono concepiti come momenti di sballo e di trasgressione e un pugno di docenti, a cui viene demandata sorveglianza continua, giorno e notte, non può umanamente contrastare tutto ciò. Per questo, comprensibilmente, molti rifiutano questi incarichi, che ribadiamo essere NON OBBLIGATORI.

Ma, più avanti, il Rusconi sembra già aver trovato la soluzione: auspica che le nuove leve (quelle nate sotto la stella precaria, disposte a tutto pur di mantenere il posto) consentano di formare dei team di lavoro funzionali al POF, secondo i gusti del Dirigente, per cui il messaggio diventa: la legge 107 consente ai dirigenti di liberarsi dei docenti abituati a diritti e doveri e di “fare squadra” con quelli che sono disponibili a rinunciare ai diritti, aumentando le ore di lavoro ad arbitrium di sua eccellenza, per colmare il vuoto dei fondi d’Istituto, che ogni anno diminuiscono in maniera esponenziale.

Difatti è convinzione dichiarata del Rusconi che le 40 ore annuali di attività aggiuntive dei docenti siano troppo poche (per quello stipendio? )!

Domanda: dove andranno a finire quegli insegnanti anziani o non rampanti che, pur volendo, non possono ubbidire ai capricci del Dirigente, sottoporsi ai viaggi d’istruzione, lavorare oltre il dovuto retribuito (ammesso e non concesso che solo queste siano le richieste)?

Semplice: negli albi territoriali per poi essere licenziati senza diritto al reintegro, a regime Jobs Act.

Se crediamo che solo chi ti dà la vita te la può togliere, non possiamo accettare che un dipendente statale, assunto con procedure trasparenti, a seguito di pubblico concorso, a servizio della Nazione, possa essere licenziato da uno che non lo ha assunto e non lo paga di tasca sua, senza giusta causa, per una decisione arbitraria che può nascondere una ritorsione! Fine della libertà d’insegnamento, art. 33 della Costituzione, e del principio costituzionale (art. 98) per cui un pubblico funzionario risponde solo alla Nazione del suo operato.

Altrettanto surreale appare l’esempio prodotto dal Rusconi dei docenti di matematica e fisica che, con l’alibi di essere laureati in matematica, non frequenterebbero ad oggi i laboratori, impunemente. Da parecchio tempo, già , i dirigenti responsabili possono rimediare a queste situazioni senza bisogno della legge 107, perché gli strumenti idonei a contrastare certi comportamenti scorretti li hanno sempre avuti.

Inoltre c’è da aggiungere che:

1) i docenti laureati in matematica, fisica, statistica spesso vorrebbero andare in laboratorio ma il nuovo ordinamento ha tolto le ore per questo tipo di attività (per esempio agli Istituti tecnici economici);

2) in molte scuole i laboratori non ci sono o sono obsoleti! Altroché non volerci andare… Rispondiamo all’ultima ridicola provocazione del Rusconi: “come mai i vivaci avversari della 107 in tutti questi anni non si sono battuti per un’effettiva introduzione del diritto-dovere all’aggiornamento di ogni docente, espunto dai contratti nazionali di lavoro da circa 20 anni? Non è stato forse questo un modo di considerare gli insegnanti degli impiegati di serie B?”, semplice: i docenti si sono accorti ben presto a proprie spese che, salvo rare eccezioni, i corsi di formazione sono solo un business per chi li tiene. La maggior parte non porta nessun arricchimento, né umano, né professionale, ma si tratta solo di partite di giro che alleggeriscono gli stipendi già miseri degli insegnanti per arricchire grassi imprenditori o le università. Siccome i corsi di qualità sono ben pochi e non costano certo i 500 euro del bonus, ma molto di più, non riteniamo ci siano i presupposti per essere resi obbligatori. Non a caso, infatti, la legge 107 è stata concepita da un’agenzia formativa che vive di questo: TREELLE, Life long learning, apprendimento per tutta la vita (trad. Come raschiare il fondo della botte del misero stipendio dei lavoratori con un pretesto edificante) compartecipata da Confindustria e da docenti universitari.

Riteniamo fondamentale l’aggiornamento continuo degli insegnanti, ma non a queste condizioni. Venga previsto nel nuovo contratto di lavoro, retribuito e siano dati fondi alle scuole per poter autonomamente deciderne le modalità. Aggiornarsi sì, farsi prendere per i fondelli, no!

In merito alla decontrattualizzazione auspicata da Rusconi, non esistono società moderne rispettose dei diritti umani, nelle quali i termini di lavoro non vengono stabiliti a priori in un contratto, del resto ci sono anche da noi le norme del codice civile che regolamentano la materia. Ma ora questo governo sta cercando di scalzare anche tutta la normativa preesistente frutto di secoli di studi e di lotte. Ci stiamo allineando al Burundi, con tutto il rispetto per questo Paese.

Ultima, ma non in ordine di importanza, la “vexata quaestio” della valutazione. A noi docenti interessa essere valutati oggettivamente e in modo competente, con parametri conformi al nostro contratto di lavoro, che valorizzino la qualità della prestazione. Siamo ancora in attesa di soluzioni adeguate da chi fa le leggi in questo Paese .

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