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Resiste il mito della “raccomandazione”, per 3 studenti su 4 è fondamentale

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Alcuni la chiamano diplomaticamente “segnalazione”. Altri più direttamente “spintarella”. Altri ancora “raccomandazione”. Il risultato però non cambia: rimane il requisito fondamentale per trovare lavoro. Almeno questo è il pensiero di tre studenti su quattro dell’ultimo anno delle scuole di istruzione secondaria superiore, partecipanti al sondaggio di Famiglia Cristiana in edicola questa settimana. Secondo il 76% degli studenti per trovare lavoro occorre “conoscere le persone che contano” e solo per il 48% è importante essere preparati e competenti.
Su un campione nazionale di 800 intervistati, quasi sette maturandi su dieci (67%) non hanno idea di quali settori produttivi diano più possibilità di occupazione, la metà (53%) ritiene di non avere strumenti per scegliere come indirizzare la propria vita lavorativa, il 60% pensa che in futuro la sua posizione sarà peggiore rispetto a quella dei genitori e per oltre la metà (51%) è soprattutto necessario “avere fortuna”.
Sono dati che preoccupano, dice il ministro dell’Istruzione Maria Carrozza, intervistata sempre dal settimanale cattolico: “non credevo che la situazione fosse così grave, che il disorientamento fosse tanto”, ha detto il responsabile del Miur. “L’orientamento è sempre stato snobbato”, dichiara ancora il ministro, che accusa l’Università di “fare marketing”, rendendo “attraente un corso di laurea invece di presentare l’intera offerta culturale e mettere i ragazzi in grado di scegliere”.
Ma quello che manca, sottolinea Carrozza, è un “progetto generale di orientamento, che non lasci soli gli studenti nel momento del passaggio”, “capace di legare insieme scuola e Università, e di prevedere corsi di orientamento precoci e non solo gli open day nelle Università all’ultimo anno delle superiori”. I corsi di orientamento, secondo Carrozza, dovrebbero essere programmati al pomeriggio in tutte le scuole: insomma, “occorre un progetto nazionale, che intendo elaborare e per il quale ho chiesto risorse”. “I soldi li troveremo – assicura – nel decreto lavoro, intanto, la scuola c’è. È un segnale importante, perché la scuola ha resistito anche ai tagli. Adesso ha bisogno di riconoscimenti e risorse”.
Gira che ti rigira il nocciolo della questione è sempre quello: i soldi che mancano.