Categorie: Politica scolastica

Responsabile scuola PD Sicilia: Lascia il partito

Dopo un periodo di pausa di riflessione e soprattutto dopo la sofferta scissione avvenuta all’interno del PD, la responsabile scuola del PD Sicilia, Caterina Altamore, ha deciso di lasciare il partito.

Ecco la lettera che Caterina Altamore ha scritto per spiegare il perché di questa sua sofferta decisione.

Dopo tante battaglie e dopo aver subito anche l’amarezza dell’isolamento, oggi, con l’uscita dal partito di Bersani e di buona parte degli esponenti di sinistra del PD, mi domando se rimanere ancora in questo partito sempre più appannaggio di una retorica rottamatrice che ha portato alla deriva un progetto ricco di valori. Mi chiedo, dunque, se rimanere o se lasciare!

La mia passione politica è iniziata presto, quando ero ancora una ragazzina. Ho però preso parte in modo attivo alla vita del partito soltanto quando il PD ha iniziato a muovere i suoi primi passi, perché ho creduto in quel progetto, in quell’idea che trovava nell’Ulivo i suoi principi costituitivi, quei principi che immaginavano un nuovo centro-sinistra quale faro ideale per il nostro Paese.

Nel Partito Democratico ho trasferito entusiasmo e passione, portando esperienze, competenze e professionalità: sono un’insegnante e credo fermamente in una scuola per tutti, laica, accogliente, inclusiva, basata sulle pari opportunità.

In qualità di delegata nazionale, poi delegata regionale e, infine, componente dell’esecutivo regionale Sicilia, con delega alla scuola, università e ricerca, ho promosso numerose iniziative e ho sostenuto moltissime battaglie, anche in prima persona, per tutelare i diritti degli studenti e delle loro famiglie, come pure dei docenti. Ho preparato documenti e ho lavorato su proposte di legge. Ho sempre rivendicato, per tutti, il diritto allo studio, senza limitazioni, esprimendo palese dissenso di fronte a provvedimenti in contrasto con tale principio.

Nel 2012 ho partecipato al programma “Italia Bene Comune”, contribuendo alla stesura dei 10 punti sulla scuola, programma con il quale Bersani si era candidato alla guida del Paese: ma la maggioranza relativa, il rifiuto dei 5 Stelle a collaborare e il tradimento dei ‘101’ hanno segnato la storia stessa del PD, insieme a quella del Paese, consegnando dapprima il partito e poi il Governo a Matteo Renzi. E così il programma “Italia Bene Comune”, che aveva riscosso il consenso degli elettori, per il nuovo PD e per i neo-parlamentari, che erano stati eletti proprio grazie a quel programma, è diventato “carta straccia”. I valori del centrosinistra e quella visione della politica, da sempre a fianco dei più deboli e degli esclusi, sono stati ben presto rottamati, insieme ai 10 punti per la scuola. Era l’inizio di un nuovo periodo, ma solo in pochi ne colsero i rischi e le criticità, i più intravidero opportunità!

All’inizio, pur non condividendo scelte, orientamenti e politiche promosse dal nuovo Governo, per il mio senso di appartenenza, di correttezza e di coerenza, che da sempre ho cercato di rispettare, ho provato a collaborare, offrendo la mia competenza sui temi a me cari e ricoprendo con impegno il ruolo di responsabile regionale della Scuola. Nonostante ciò, piano piano, mi rendevo conto che coloro che avevano colto l’opportunità mi vedevano e mi additavano più come nemico interno che per quello che realmente sono stata e continuo ad essere: una compagna, portatrice di posizioni e di voci provenienti dalla base, rispettabili e degne di essere accolte. E così, anziché affrontare contenuti e problemi, ho vissuto aggressioni politiche e attacchi personali, colpevole, ai loro occhi, di rendermi attiva partecipe al confronto e di attivarmi per un attento ascolto. Per chi era in minoranza nel PD diventava sempre più difficile dialogare e confrontarsi. Ed è successo anche a me!

Più volte in quel periodo alcuni amici, preoccupandosi, mi chiedevano: “Ma che ci fai ancora lì?”. Ciononostante mi ripetevo: “Io resto nel PD. Resto in quel partito che ho contribuito a costruire con determinazione, costanza e, spesso, contro il parere di molti. Resto in questo PD, in cui ho trovato compagne e compagni con i quali condividere ideali e principi per realizzare una società migliore. Resto e resterò a lottare e a contrastare l’inarrestabile deriva di quella parte del PD distante da quel modo di interpretare e immaginare il cambiamento, che era stata prerogativa della fondazione del partito”. In quello stesso periodo ho assistito a una sorta di diaspora interna: giorno dopo giorno compagni e compagne di tante lotte, piano piano, hanno abbandonato i circoli e il gruppo parlamentare, dietro l’incalzante incitamento ad andarsene sollecitato dalla maggioranza renziana. Verso di me, da più parti, venivano formulati inviti a uscire dal partito se non volevo rispettare le posizioni assunte dalla maggioranza! Pressioni di questo tipo sono giunte quando, percependo la strada sbagliata intrapresa con la legge 107, ho promosso più incontri nel territorio al fine di ascoltare gli operatori della scuola i quali, a più voci, oggi come ieri esprimevano il loro dissenso, unita a una profonda disaffezione verso il PD; lo stesso dicasi per il cosiddetto Jobs Act, ideato con il nobile tentativo di combattere la disoccupazione ma, di fatto, trasformato in uno strumento di precarizzazione dei lavoratori e di dismissione generalizzata dei diritti e delle tutele faticosamente conquistati; e altrettanto per la Riforma Costituzionale che, con alcuni compagni e compagne, ho cercato di contrastare apertamente.

Oggi, all’indomani del Referendum del 4 dicembre, il PD si appresta a celebrare un “congresso/plebiscito” senza aver mai aperto una seria riflessione sulla sconfitta! E non lo farà neppure in questo congresso, nato più per una “resa dei conti” che per ricostruire. Inevitabile, dopo l’uscita della sinistra dal PD, che si realizzi una cerimonia dall’esito scontato, con buona pace di Orlando e dello stesso Emiliano. In vista del congresso sono stati concessi quattro giorni per tesserarsi. Le primarie per la scelta del segretario sono state fissate in modo da anticipare le elezioni politiche prima dell’estate: un disegno teso solo a togliere acqua a coloro che si percepiscono come avversari e con il quale, molto probabilmente, verrà consegnato il Paese al populismo più bieco, per poi, magari, recitare il copione vittimista dei virtuosi contro i gufi.

Che dire! questo non è il mio PD.

Non mi ci riconosco!

Questo non è il mio partito: è privo di quei valori che da sempre lo hanno connotato e ai quali ho aderito come cittadina e come attivista.

Per me, come già per altri, è arrivato il tempo di decidere del mio e del nostro futuro: per questo opto per una scelta dolorosa come quella di lasciare il Partito Democratico.

Per me è giunto il momento di riprendere il mio bagaglio di ideali e di saperi, di sogni e di lotte e di incamminarmi su una nuova strada. È tempo, adesso, di cercare nuovi compagni di viaggio e di porre le fondamenta per la costruzione di una nuova casa, in cui scrivere pagine di buona politica, continuando la lotta contro le diseguaglianze e le ingiustizie, promuovendo politiche coerenti con una scuola di qualità, nel perseguimento del bene comune e della giustizia sociale.

Lucio Ficara

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