Le reti scolastiche, ovvero l’associazione di più istituti scolastici per il raggiungimento di uno scopo comune che può andare dalla formazione alla prevenzione della dispersione, dalla legalità allo scambio di professionalità tra scuole, sono un fenomeno relativamente nuovo per la scuola italiana.
In realtà le reti di scuole sono previste dal 1999, difatti l’art.7 del DPR n. 275 recitava che “ le istituzioni scolastiche possono promuovere accordi di rete o aderire ad essi per il raggiungimento della proprie finalità istituzionali”, “ L’accordo può avere a oggetto attività didattiche, di ricerca, sperimentazione e sviluppo, di formazione e aggiornamento; di amministrazione e contabilità”.
Sono i commi 70, 71, 72 e 74 dell’art.1 della Legge 107 del 2015 che richiamano fortemente la necessità di creare reti tra scuole, ma è la Nota ministeriale n. 2151 del 7 giugno 2016 che fornisce indicazioni per la formazione delle reti e che ne chiarisce i termini,prevedendo sostanzialmente due tipologie di reti tra scuole: le reti di ambito e le reti di scopo.
Queste due tipologie non sono separate, né in conflitto, difatti dalla rete di ambito, che prevede l’associazione di tutte le scuole di un determinato ambito territoriale, discendono le reti di scopo. Nelle Indicazioni è esplicitamente dichiarato che le reti di scopo si costituiscono all’interno dell’accordo della rete di ambito. Ne discende che la rete di ambito prepara quella di scopo.
Risulta chiaro che le Reti scolastiche hanno come priorità quella di valorizzare l’autonomia delle istituzioni scolastiche attraverso forme di sostegno e prioritariamente attraverso l’impiego di risorse umane, finanziarie e strumentali appartenenti a tutte le scuole aderenti alla Rete, la finalità è quella di perseguire specifici obiettivi istituzionali, riconducibili soprattutto al Piano triennale dell’offerta formativa.Il MIUR ha messo a disposizione un finanziamento di 2.600.000 euro “per progetti che dovranno riguardare i piani di miglioramento delle scuole”.
Alcune Scuole si sono costituite in reti che hanno come finalità specifica la formazione dei Gruppi di Miglioramento che andranno a predisporre i piani di miglioramento delle istituzioni scolastiche. Queste reti hanno non solo uno scopo determinante a livello di formazione per accrescere le competenze del corpo docente, ma anche una finalità squisitamente aggregante e condivisa perché consentono alle scuole aderenti alla rete di predisporre piani di miglioramento su un format univoco,fornito dal consulente del miglioramento formato dall’INDIRE, format però calato e modulato sulle esigenze territoriali delle singole istituzioni scolastiche, ma con elementi di connessione e di condivisione all’interno degli ambiti territoriali, una sorta di quadro di riferimento, una cornice che definisce i piani di miglioramento all’interno di un contesto territoriale simile.
Sappiamo che a partire dall’inizio dell’anno scolastico 2015/16 tutte le scuole, statali e paritarie, sono tenute a pianificare un percorso di miglioramento per il raggiungimento dei traguardi connessi alle priorità indicate nel RAV. Esiste una forte e necessaria connessione fra RAV e PdM, ma per il PdM, differentemente dal RAV, non è previsto un format stabilito a livello centrale.
La risposta alla domanda di molte istituzioni scolastiche sul perché il legislatore abbia lasciato questo vuoto sta nella precisa intenzione di lasciare libere le scuole di seguire percorsi e orientamenti corrispondenti alla propria situazione e al proprio contesto. Ecco la necessità, avvertita da molti Dirigenti scolastici, di aderire alle reti per il miglioramento per adottare un format che consenta alle scuole operanti sullo stesso territorio di aver un strategia di miglioramento comune per ottimizzare le azioni di miglioramento e per creare una reale rete capillare sul territorio che miri alla formazione di cittadini consapevoli e competenti, in grado di affrontare giorno dopo giorno le difficoltà della vita, mobilitando le competenze apprese nel corso dell’iter formativo istituzionale.
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