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Riammissione in servizio dei dipendenti pubblici prosciolti in procedimenti penali

di Emilio Grasso


Il ripristino o la continuazione del rapporto di lavoro può essere chiesto dal dipendente all’amministrazione di appartenenza entro 90 giorni dall’entrata in vigore della legge di conversione (di prossima pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale).
La legge ha lo scopo di tutelare il lavoratore per il danno subito dall’esser stato sottoposto a un procedimento penale ingiusto effettuando una sorta di risarcimento in forma specifica.

Per ottenere quanto prescritto dalla legge occorre che la decisione del giudice penale sia intervenuta successivamente al 1° gennaio 1999.

In tale ipotesi viene previsto, a seconda della motivazione della decisione del giudice nel prosciogliere il dipendente, un obbligo o una facoltà per l’amministrazione di procedere al ripristino o alla continuazione del rapporto di lavoro.

Il beneficio per il lavoratore sarà commisurato alla durata della sospensione ingiustamente subita potendo proseguire il rapporto di lavoro anche oltre i limiti d’età pensionabile.

I dipendenti, ad esclusione di coloro che svolgevano funzioni apicali, potranno anche essere riassunti in soprannumero, se non emergano responsabilità contabili e disciplinari che potranno essere accertate con apposito procedimento dall’amministrazione di appartenenza.

Nel caso in cui la decisione del giudice penale sia anteriore al 1° gennaio 1999 il lavoratore prosciolto non può richiedere la riammissione in servizio o la continuazione del rapporto ma può ottenere, sempre su richiesta, il migliore trattamento pensionistico derivante dalla ricostruzione di carriera con il computo del periodo di sospensione dal servizio o dalla funzione o del periodo di servizio non espletato per l’anticipato collocamento in quiescenza.

Per visionare il decreto legge n. 66 del 16/3/2004 e la legge n. 350 del 24/12/2003 consulta “Ulteriori approfondimenti”.

Redazione

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