I sindacati che hanno partecipato oggi all’incontro in videoconferenza con i rappresentanti del Ministero dell’istruzione in vista della riapertura delle scuole al 100% (tranne che nelle scuole superiori in “zona rossa” per le quali si prevede l’apertura dal 50% al 75% del numero degli alunni) fissata per giorno 26 aprile hanno mantenuto tutte le loro perplessità e preoccupazioni espresse in precedenza.
Già in un altro articolo pubblicato in data odierna sono stati riportati i commenti dei leader della Flc Cgil, della Uil scuola e della Gilda Unams.
In sintesi ricordiamo che il segretario della Uil scuola, Pino Turi, ha posto una serie di domande che rappresentano un “atto di accusa” contro l’immobilismo di tutti questi mesi: “ci vogliamo chiedere quali interventi sono stati messi in campo? Cosa è cambiato rispetto a prima? Pensiamo al tracciamento che non è stato mai realizzato. I tamponi salivari ci sono, non ci sono?”; mentre Francesco Sinopoli, segretario generale della Federazione lavoratori della conoscenza ha sottolineato che “ci troviamo davanti a un atto di volontà politica non supportato da condizioni reali” e che al momento, anche in considerazione del fatto che non sono stati rinnovati i protocolli di sicurezza (ad esempio fornire alunni e personale di mascherine Ffp2 nonché dotare le aule di sistemi di aerazione), né effettuati tracciamenti, né potenziati i trasporti, “non c’e’ alcuna garanzia per studenti e personale scolastico“. Rincara la dose Rino Di Meglio, coordinatore nazionale della Gilda degli insegnanti che afferma si sia trattato di un incontro “del tutto inconcludente, che lascia invariata la situazione sul fronte sicurezza e non accoglie le nostre istanze”, aggiungendo: “appare evidente che la riapertura delle scuole rappresenta una scelta politica assunta dal governo senza il supporto di evidenze scientifiche né di interventi mirati”.
Passiamo in rassegna anche le dichiarazioni di altri leader sindacali: ad esempio Maddalena Gissi, segretaria della Cisl scuola ricorda che “in molte scuole gli spazi sono piccoli e quando una classe deve contenere 30 alunni la situazione diventa complicata. Per questo chiediamo che siano le scuole singolarmente a decidere sulla completa riapertura“.
Anche l’Anief si allinea alle perplessità delle altre organizzazioni sindacali: “non essendo cambiato niente sarebbe meglio finire l’anno scolastico con la didattica a distanza, completare la vaccinazione, iniziare quella di tutti gli studenti e nel frattempo andare a pensare come utilizzare i soldi del Piano nazionale di ripresa e resilienza per garantire il diritto allo studio in presenza e in sicurezza con migliaia di aule in più”, aveva già dichiararlo Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief, ad Adnkronos. Per il sindacalista è troppo “rischioso in questo momento riaprire le scuole per un mese, perché non è stato fatto niente sul distanziamento sociale che bisogna rispettare per essere tutti in presenza”.
Ma ci sarebbe anche da chiedersi cosa hanno fatto in concreto le organizzazioni sindacali per “costringere” il governo precedente e quello attuale a rendere esecutive le azioni necessarie purtroppo solo annunciate ma poi sempre rinviate e non attuate.
E il presidente dell’Anp, Antonello Giannelli, intervenendo alla trasmissione televisiva ‘Omnibus’ sull’emittente La7 ha detto: “il ritorno in presenza è stato da noi sempre auspicato, ma per quanto riguarda le problematiche siamo sempre lì. Una è il trasporto pubblico e inoltre è inutile nascondere che gli spazi sono sempre gli stessi. La differenza è che ci sono state le vaccinazioni al personale scolastico ma il piano è stato sospeso: forse era il caso di non sospenderlo e proseguire”. Poi il rappresentante dell’Associazione nazionale presidi ha dichiarato: “a questo aggiungiamo che il piano di tracciamento per la scuola non riesce a decollare. Quindi qualche preoccupazione è lecito avercela. Io penso che sarebbe giusto lasciare alle scuole la possibilità di decidere quanti studenti possono andare”.
Ora i sindacati attendono la riunione di domani del Comitato tecnico scientifico con il Ministero dell’istruzione auspicando che si possa valutare una rimodulazione delle misure finora applicate. Rimodulazione che le organizzazioni sindacali (e non solo loro) ritengono necessaria anche perché si chiedono: “e le varianti del virus che prima non c’erano?”.
Ma la rimodulazione dovrebbe anche considerare la posizione di alcune categorie di insegnanti che da sempre, anche con le scuole in Dad, sono stati chiamati a fare lezione in presenza ad intere classi, anche in istituti di istruzione secondaria di II grado (soprattutto alcune tipologie di insegnanti) e quindi con alunni che si sono recati comunque a loro volta a scuola affollando ugualmente i mezzi pubblici o esponendosi ai rischi di altre situazioni di assembramento. Cosa che non andrebbe pertanto dimenticata, ma evitata.
Peraltro anche medici, specialisti virologi, infettivologi, epdidemiologi hanno lanciato l’allarme (e il caso della Sardegna passata in pochissime settimane da “zona bianca” a “zona rossa” dovrebbe fare riflettere attentamente). Assai preoccupato sulle riaperture a brevissimo termine l’allarme di Andrea Crisanti, quasi accorato quello di Massimo Galli, che si è soffermato in particolare sull’apertura quasi totale delle scuole in presenza. Illustri medici che avevano avvertito anche in passato, spesso inascoltati.
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