Il rientro in classe si avvicina sempre più e nonostante le criticità persistenti, si tira dritto con cauto ottimismo. E anche gli esperti, pur mettendo in conto focolai e contagi in seguito alla riapertura delle scuole, salutano il rientro in classe con positività. Ma avvertono: i primi 15 giorni di scuola in presenza saranno decisivi.
A sostenere in particolare quest’ultima osservazione è Matteo Bassetti, infettivologo dell’ospedale Policlinico San Martino di Genova, che insieme ad altri colleghi ha spiegato all’AdnKronos Salute il suo punto di vista: “Le misure adottate nelle scuole, anche se arrivate un po’ in ritardo, vanno nella direzione giusta. La regola più importante è il distanziamento tra gli studenti e poi indossare la mascherina non solo negli spazi comuni, ma fin dall’autobus per raggiungere l’istituto. Saranno però determinati i primi 10-15 giorni, lì si capirà se il sistema messo in piedi funziona“. Inoltre, Bassetti è convinto: “Non è spostando l’apertura che si risolve il problema“.
Massimo Clementi, ordinario di Microbiologia e Virologia all’università Vita-Salute San Raffaele di Milano, direttore del Laboratorio di Microbiologia e Virologia dell’Irccs ospedale San Raffaele, spiega l’importanza del “tracciamento dei focolai, che devono essere identificati al più presto quando sono ancora piccoli, della gestione corretta di casi e contatti e delle quarantene“.
Anche il virologo dell’Università degli Studi di Milano Fabrizio Pregliasco pensa che il rientro in classe potrebbe portare diversi problemi nelle prime settimane, ma la riapertura è necessaria: “La scuola deve essere aperta: ci saranno dei focolai, ci saranno problemi all’inizio. Ma di certo, se ci sarà un coordinamento tra presidi, insegnanti e famiglie, troveremo una soluzione di operatività e fattibilità“.
Piuttosto, a lasciare perplesso il virologo Clementi è la gestione dei sintomi: cosa significherà una febbre in vista del ritorno a scuola? “Una febbre può essere di tutto“, ragiona Clementi. Sicuramente mette in difficoltà avere poche regole non univoche. In Francia io non dico che le indovinano tutte, ma hanno dato l’indicazione secondo cui per mettere in quarantena una classe ci vogliono 3 studenti infettati. Che sia giusto o sbagliato non lo so, potrebbe essere tanto o poco, ma almeno è un’informazione chiara che la scuola può recepire. I vari istituti hanno a disposizione un metodo e sanno come comportarsi“.
La microbiologa dell’ospedale Sacco di Milano, Maria Rita Gismondo, invece lancia una proposta: “Inviterei a far presto per munire le scuole di test rapidi in loco”, che in casi sospetti “possano immediatamente dire se il bambino è stato infettato da Sars-CoV-2 o no“.
Gismondo chiede attenzione anche agli insegnanti, e al “loro ruolo nella possibile trasmissione del nuovo coronavirus, perché bisogna assolutamente “evitare che nelle scuole si identifichino dei bambini come untori. Sarebbe un danno psicologico grave“. In definitiva, per la microbiologa “il rientro a scuola è assolutamente necessario e non discutibile“.
C’è chi vede anche oltre il covid: secondo Carlo Signorelli, docente di Igiene e Sanità pubblica all’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano: “le misure igieniche da adottare nelle scuole in funzione anti Covid-19 ci restituiranno una platea di studenti e insegnanti più sana, a prescindere dalla pandemia: sono comportamenti preziosi che sul lungo periodo miglioreranno la vita di tutti“.
“I bambini devono imparare a usare il gel, più volte al giorno, perché i lavandini non sono ovunque a disposizione”, ha proseguito Signorelli invitando poi a “limitare le lezioni di canto, perché cantando le goccioline di saliva hanno una gittata più lunga“.
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