Il ritorno scuola rimane un rebus. Mentre il picco dei contagi da Coronavirus raggiunge l’apice e il premier Giuseppe Conte proroga la sospensione delle attività, comprese quelle didattiche, fino al 13 aprile, ma non si esprime su un possibile ritorno sui banchi maggio, c’è chi spinge per una ripresa delle lezioni in presenza il più possibile celere.
Come il senatore Matteo Renzi, leader di Italia Viva, che il 1° aprile è tornato a chiedere di far tornare gli studenti sui banchi appena possibile, a partire da quelli della scuola secondaria impegnati con gli esami di fine ciclo: solo che servirebbe anche fare, a quasi dieci milioni di persone, tra studenti, docenti e Ata, “un esame sierologico, una puntura su un dito e con una goccia di sangue”. Così, “si vede se hai avuto il virus”, ha detto l’ex premier.
Sul rientro a scuola, invece, a ministra dell’Istruzione non si sbilancia. Lucia Azzolina dice che bisognerà “recuperare un po’ di tempo scuola”, anche perché, ha commentato l’Ansa, la didattica distanza sta funzionando bene in alcune realtà, meno in altre.
Resta da capire quando si recupererà questo “po’ di tempo” indicato dalla titolare del MI: a giugno, a luglio, anche se qualche giorno fa la stessa ministra l’aveva escluso, oppure a settembre, magari anticipando di qualche giorno l’avvio del nuovo anno scolastico? Potremmo saperne di più venerdì 3 aprile, quando il Consiglio dei ministri sembra che esaminerà proprio un decreto sulla fine del travagliato anno scolastico.
C’è già chi intende le parole della ministra dell’Istruzione come un volere allungare di due-tre settimane la fine delle lezioni, come ha già più volte caldeggiato Pino Turi, leader Uil Scuola.
Tra i promotori di questa ipotesi, c’è Elena Donazzan, assessore regionale all’istruzione del Veneto: “Da un mese – ha detto, commentando le parole della Ministra – chiedo si pensi ad una diversa fine dell’anno scolastico, recuperando almeno una parte del lungo tempo di sospensione dovuto all’emergenza COVID-19: immaginare un giugno a scuola è il minimo, ed apprezzo che il ministro Azzolina abbia cambiato la sua iniziale idea di chiudere l’anno in cavalleria”.
La Donazzan ricorda che ci sono “lacune pregresse” da colmare, “tanto più per gli studenti che dovranno passare da un grado di istruzione ad un altro per i quali si dovrà immaginare un recupero utile al loro grado di apprendimento”.
Una posizione, quella dell’assessore all’istruzione del Veneto di fare lezione per tutto giugno, sicuramente condivisibile sul piano formativo. Un po’ meno, invece, su quello pratico: in quali condizioni, di calura, si svolgerebbero, infatti, le lezioni nelle seconda parte di giugno, considerando che nelle aule scolastiche non vi sono condizionatori d’aria?
Dal Partito Democratico, intanto, arriva la richiesta di prendersela comoda: per i dem, gli istituti scolastici dovranno essere tra gli ultimi a riaprire. Senza alcun riferimento alla “coda” di giugno.
“Se il contagio dovesse mostrare evidenti segni di rallentamento – dice Lucia Ciampi, deputata del Pd in Commissione Cultura -, le scuole dovranno comunque attendere per riprendere le attività. I bambini e i ragazzi sono infatti statisticamente i più numerosi fra i portatori sani del contagio e quindi i soggetti maggiormente a rischio per alimentare nuovi focolai”. Un concetto, del resto, già espresso in più occasioni dai virologi.
La deputata dem sostiene anche che sarebbe un’utopia pensare che i giovani possano tornare in classe con la mascherina e mantenendo un metro di distanza, come si accingono fare in Cina.
“Per temperamento, età e abitudini – sottolinea Ciampi -, sarebbe impossibile per le istituzioni scolastiche impedire, soprattutto agli adolescenti, il minimo contatto fisico dopo mesi di quarantena forzata”.
Ma oltre confine cosa accadrà alla scuola, dopo che l’emergenza Coronavirus continua fare vittime? Anche altrove si temporeggia. Anche se qualche decisione importante già è stata presa.
In Gran Bretagna studenti e docenti già sanno, ad esempio, che non si svolgerà alcuna prova d’esame finale, almeno alle superiori.
Le indicazioni ministeriali britanniche dicono che gli insegnanti saranno autorizzati a rilasciare i diplomi di maturità, a fine luglio, indicando la valutazione finale sulla base dei voti ottenuti finora dei risultati complessivi della carriera scolastica degli alunni, della comparazione con altre scuole e di eventuali simulazioni d’esame da casa.
Nei Paesi Bassi, sempre per contenere i contagi dell’epidemia di Coronavirus, le chiusure degli istituti scolastici sono state prolungate almeno fino al 28 aprile,
L’auspicio è che gli studenti possano rientrare a scuola il 3 maggio, “una settimana prima del 28 aprile prenderemo una nuova decisione sull’estendere o meno” le misure, ha spiegato il 1° aprile il premier Mark Rutte, sottolineando che comunque di sicuro anche “dopo il 28 aprile non ritorneremo davvero a fare una vita normale”.
Sempre in Olanda, intanto, il ministro della Pubblica Istruzione, Arie Slob, ha annunciato che non ci sarà non solo alcun esame della primaria, ma nemmeno della maturità (che in Italia si dovrebbe svolgere in modalità semplificata). Quest’ultima, doveva iniziare a breve, già il 7 maggio: il diploma del secondo ciclo, verrò conferito sulla base dei voti scolastici ricevuti e di esami organizzati dagli istituti, dove si svolge la didattica a distanza.
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