“Coperture vaccinali in calo del 4% rispetto allo stesso periodo del 2019 a causa della pandemia”. È un allarme chiaro quello dei pediatri di famiglia che iniziano a guardare con preoccupazione al rientro dalle vacanze e alla ripresa dell’attività scolastica.
“Dobbiamo programmare la fase 3 prima che sia tardi – afferma Antonio D’Avino, vice presidente Fimp (Federazione Italiana Medici Pediatri) all’agenzia di stampa Dire – bisogna partire dai servizi sanitari al territorio. Al di là del triage telefonico e della valutazione dei sintomi quali tosse, febbre e dispnea, oggi sappiamo che altri possibili sintomi dell’infezione da Sars-CoV-2 sono la congestione nasale, la rinite, la congiuntivite e i disturbi gastrointestinali. Serve che sul territorio si possa realizzare una diagnosi differenziale immediata”.
Per i pediatri la strada da seguire in vista della riapertura delle scuole è quella della vaccinazione antinfluenzale a tutti i bambini, di qualunque età e l’obbligatorietà del tampone per l’ammissione in classe.
“Un percorso che va programmato ora – ribadisce il vice presidente Fimp – per non correre il rischio di trovarci a ottobre con dosi di vaccino antinfluenzale insufficienti. Inoltre, la pediatria di famiglia deve avere la possibilità di prescrivere tamponi e soprattutto di avere una risposta in tempi rapidi. Nessun pediatra potrà mai riammettere un bambino a scuola se non avrà un tampone negativo dopo un’assenza per malattia che potrebbe essere collegata ad un’infezione da Covid-19″.
Sulle mascherine, invece, i pediatri affermano che non ci sono rischi per la salute dei bambini dovuti ad un uso prolungato per prevenire il contagio da coronavirus, come potrà essere a settembre con la riapertura delle scuole: “Nessun problema con le mascherine, i bambini possono uscire, camminare. Del resto lo fanno gli anziani…”
E anzi ricordano come “qualsiasi ripresa dell’attività infantile e scolastica va fatta con delle precauzioni. Bisogna assolutamente lavorare sugli aspetti organizzativi sanitari del territorio, dai pediatri ai medici di medicina generale, e la sorveglianza resta fondamentale: dove dovesse esserci un caso sospetto, c’è bisogno di accertare e risolvere. Tra caso sospetto, richiesta del tampone e risultato oggi passano anche 10 giorni: questo è inammissibile, soprattutto se ci sono di mezzo dei bambini”.
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