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Riapertura scuole, in Belgio 10 alunni per classe: in Italia ricordiamoci i 300 mila docenti over 55 a rischio

Mentre in Italia si attende breve l’annuncio del premier Giuseppe Conte sull’allentamento delle restrizioni e la ripresa graduale di diverse attività produttive, per la scuola si continua a rimanere in attesa. Molto dipenderà dalle indicazioni che proverranno dalla task force del ministero dell’Istruzione, presieduta da Patrizio Bianchi, anche queste attese a breve.

La sortita di Landini

Su questo argomento ha fatto “rumore” il parere del leader della Cgil, Maurizio Landini, che in una intervista alla stampa dopo l’accordo con i sindacati in vista delle riaperture ha detto che bisogna decidere “da subito, a come e quando aprire nidi asili e le scuole di ogni grado, studiando tutti gli accorgimenti utili di edilizia scolastica e di composizione delle classi”.

Il sindacalista ha aggiunto che “l’insegnamento a distanza va bene, ma serve pure quello in presenza. Che significa anche dare una risposta alle esigenze delle famiglie”.

Landini si è detto pure preoccupato da “un livello di diseguaglianza senza precedenti”, che il Coronavirus ha accentuato. Anche nella scuola, dove gli alunni delle famiglie meno abbienti hanno partecipato con estrema difficoltà alle lezioni a distanza.

E l’intervento del Governo, con due stanziamenti di circa 80 milioni di euro, per fornire, tra le altre cose, i tablet chi non lo possiede, non può di certo bastare per cancellare il gap. C’è da ricordare infatti che il computer fisso (che rimane lo strumento più adatto per partecipare alla didattica a distanza) continua a mancare ad una famiglia su tre.

Il segretario della Cgil, preoccupato per la gestione familiare dei lavoratori con bambini piccoli che in questa fase di emergenza non possono contare nemmeno su familiari e soprattutto sui nonni, chiede quindi di muoversi per capire quando riaprire le scuole, sempre coerentemente con i rischi concreti cui si incorrerebbe con un ritorno a scuola ravvicinato.

Come abbiamo avuto modo di scrivere su questa testata, in particolare Landini non sembra però curarsi del fatto un docente italiano su tre ha più di 55 anni. E che per loro un ritorno a scuola troppo a breve comporterebbe dei potenziali seri rischi per la salute.

Gli over 55 a rischio: 300 mila docenti

Gli over 55 sono, stando alle indicazioni più recenti dell’Inail sulla gestione del Coronavirus, la fascia d’età che occorre tutelare in modo maggiore.

L’Istituto nazionale di previdenza ha dato per fondamentale l’attuazione di “una sorveglianza sanitaria eccezionale per i lavoratori con un’età superiore a 55 anni”, tanto che “si potrebbe valutare, in assenza di copertura immunitaria adeguata, (verificata con test sierologici) la possibilità di un giudizio di inidoneità temporanea al lavoro”.

Per un insegnante su tre, parliamo di 300 mila docenti, la didattica a distanza dovrebbe rimane, quindi, il compromesso per evitare il ritorno a scuola: a meno che non si attuino dei test sierologici, in modo da valutarne lo stato di risposta immunitaria al temibile virus, i docenti sopra una certa età anagrafica andrebbero dichiarati temporaneamente inidonei al ritorno in classe. E lo stesso vale per il 70% dei dirigenti scolastici, quindi per quasi altri 5 mila dipendenti pubblici.

In Belgio quattro metri quadrati di spazio minimo

Ma anche per gli alunni, sebbene non siano particolarmente a rischio del Covid-19, sarebbe il caso di prevedere delle disposizioni di prevenzione.

Si potrebbe allora prendere esempio dal Belgio, dove sabato 25 aprile è stato annunciato al premier Sophie Wilmes che le scuole riapriranno il prossimo 18 maggio. Solo che lo si farà in modo graduale e parziale.

Gli alunni belgi – che hanno dei docenti con un’età media molto più bassa dei nostri – si ritroveranno al massimo in 10 per classe e ognuno dovrà disporre di quattro metri quadrati di spazio di distanza l’uno dall’altro.

La disposizione appare rigida, ma ai sindacati non sembra bastare: “riprendere le lezioni su una scala troppo ampia – ha commentato Roland Lahaye della confederazione Csb – sarà complicato in termini di organizzazione”.

Dai calcoli del sindacalista c’è qualcosa che non torna nella ripresa delle lezioni in Belgio: “Ci sono 700 mila giovani iscritti all’istruzione primaria e secondaria nella Fédération Wallonie-Bruxelles (Fwb). Se solo 150mila di loro tornassero, in gruppi di 10, sarebbero già necessari 15mila locali. È realistico?”, ha chiesto Lahaye.

In Italia non sarebbe facile

Più di qualcuno ha già calcolato che praticare una formula come quella belga sarebbe in Italia non troppo semplice: per un alta percentuale di classi, parliamo di quelle composte oltre i 25 iscritti, se passasse la norma di non oltre 10 assieme, si tratterebbe di andare a scuola ogni tre giorni.

Oppure di introdurre dei doppi turni giornalieri, con le lezioni da svolgere mattina e pomeriggio, con unità orarie da non oltre 45-50 minuti. Ciò, tra l’altro, comporterebbe una complessa alternanza dei docenti, il cui attuale numero andrebbe probabilmente anche incrementato.

E la soluzione delle lezioni alternate, tra l’altro, non risolverebbe il problema dei genitori lavoratori sollevato da Roberto Landini.

Alessandro Giuliani

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